Caporetto in campo
Vittorio Veneto sugli spalti
Victoriam memento etiam
Come al solito.
Dal 24 ottobre 1917 in qua gli amati concittadini italiani amano ripetere, con riferimento al disastro nazionale in corso, la mesta frase: è una Caporetto.
Quando però sono di fronte a una vittoria nazionale – come quella ottenuta dal 24 ottobre al 4 novembre del 1918 – non ripetono l’orgogliosa frase: è una Vittorio Veneto. Sarà anche perché bisognerebbe usare due parole e non solo una? Oppure perché anche nel caso di grandiose vittorie nazionali vale la battuta di Enzo Ferrari: “In Italia si perdona tutto, tranne il successo?”
Fatto sta che anche questa volta un quotidiano nazionale ha parlato solo della Caporetto del nostro calcio nazionale, quella patita sul campo, non della Vittorio Veneto conquistata sugli spalti.
Lunedì 13 novembre 2017, 11 calciatori più sostituti spendono in campo ogni loro energia e più, per vincere una partita di calcio avendo addosso la maglia azzurra della nazione più azzurra del Pianeta.
La loro scarsa propensione a trovare un varco nella rete avversaria – non ci sono i Luigi Durand de La Penne calcistici – non premia i 90’ combattuti da arditi assaltatori, eppure proprio per questo quei due tempi di calcio giocato con dedizione e passione costituiscono un capo d’accusa inequivocabile nei loro confronti: perché hanno aspettato gli ultimi 90’ di questi pre mondiali per spendersi così?
Perdono, e con loro l’allenatore e una dirigenza che hanno aspettato l’ultima partita senza intervenire in modo adeguato per raggiungere la qualificazione ai mondiali di Russia, un obiettivo accessibilissimo nonostante l’assenza dei vari Meazza, Facchetti, Riva, Baggio, Totti, Inzaghi et cetera: una Caporetto.
Lunedì 13 novembre 2017, settantamila italiani, con un freddo svedese patito non solo al termine della partita persa contro una nazionale da calcio balilla, ma anche prima che si iniziasse a giocare e durante l’agonia campale della nostra nazionale di calcio – solo della prima squadra, non di tutte le squadre che vestono la maglia azzurra -, settantamila italiani scrivo, si sono parati sugli spalti di San Siro con cartoni verdi bianchi e rossi disegnando il tricolore italiano che ancora una volta ha reso il cielo di Lombardia così bello quando è bello. Inesauste le patriottiche braccia, e così le gole che dopo 90’ di “Italia”, “Italia”, “Italia”, quando ormai erano all’ultimo respiro – congelato – , sempre in settantamila hanno cantato l’inno di Mameli: una Vittorio Veneto.
Dall’alto approvava ripetutamente San Siro, patrono d’Italia per una notte.
L’azzurra notte della Vittorio Veneto di settantamila italiani pranzocenaesetuttovabeneunasettimanadiferiealmare: lavoratori caparbi, solidali, vincenti anche nei momenti peggiori, come a Caporetto il 24 ottobre del 1917, quando si riorganizzarono traducendolo in un solo anno nel 24 ottobre del 1918, in Vittorio Veneto.
“Trilinguismo obbligatorio in Francia Germania Italia” Claudio Susmel
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Forse è troppo tardi.
Consigliare una cura seria alla “spina dorsale” potrebbe ancora costituire un rimedio? Gianna