I galletti nazionalistici, il centenario del Trattato di Rapallo
e le cicale assassine
Foederate Europae civitates
8 gennaio 2020
Armando Diaz nel 1918 condusse l’Italia alla vittoria militare più grande della sua storia unitaria.
Era campano, nato cioè in una regione di uno stato italiano che aveva perso la sua guerra – solo ufficialmente considerando le migliaia di volontari “borbonici” affluiti sotto le bandiere di Garibaldi e di Vittorio Emanuele II – contro un altro stato italiano, quello sardo piemontese.
Per affidargli il comando dell’Esercito la dirigenza post unitaria non gli chiese credenziali “piemontesi” ma solo di merito.
E vinse.
Auguriamoci che Macron – così poco emanuele per l’Europa – studi la storia d’Italia e non chieda credenziali francesi ai responsabili delle prossime missioni europee in armi.
Non vi è certo garanzia assoluta di vittoria operando con buon senso storico.
Vi è però garanzia di vanesia vaneggiante inconsistenza se lo si dimentica per fronteggiare interi continenti con le sole risibili risorse nazionali.
Come sta accadendo in questi giorni in Libia, Siria, Iraq, Ucraina et cetera.
Bercino meno patetici chicchirichì i galletti europei o marines, gurka e mercenari vari non faticheranno a trasformarli in capponi.
Il 12 novembre 1920 la staffetta italiana della Vittoria (Orlando – Nitti – D’Annunzio – Giolitti), guidata nella sua ultima tappa appunto da Giovanni Giolitti, condusse l’Italia al Trattato di Rapallo che, oltre a ottenere per l’Italia il displuvio alpino come confine politico anche in Venezia Giulia, istituzionalizzò lo Stato libero di Fiume, contiguo fisicamente al Regno d’Italia.
La nazione non chiese conto allo statista del suo schieramento a favore della neutralità nel 1915, ma lo scelse ritenendolo il più adatto nel giugno del 1920 per condurre la volata finale nelle trattative diplomatiche che avrebbero predisposto il tempo supplementare di quel patto di Roma (27 gennaio 1924) che avrebbe sancito l’annessione all’Italia della più parte dello Stato libero di Fiume.
L’Italia così vinse – abbastanza – anche sul campo di battaglia diplomatico.
Il centenario di Rapallo verrà certamente rievocato da quanti hanno a cuore la memoria delle cose buone fatte da Giolitti, tra le quali il Trattato di Rapallo è, per quanto concerne la sua politica estera, il gioiello splendente che lo Statista aggiunse alla corona – Corona – d’Italia.
L’Europa preme perché i vari meccanismi di solidarietà comunitaria vengano applicati solo dopo accurate indagini sulla sostenibilità del Debito Pubblico da parte dello Stato richiedente soccorso; oggi si parla del Meccanismo Europeo di Sostegno, domani si parlerà di un’altra forma di sostegno specifica, il sentimento di base è però lo stesso: le formiche non si fidano delle cicale.
Sondaggi vari mettono in risalto la sfiducia degli italiani per svariate forme di risparmio e investimento ritenute non moltissimo tempo fa affidabili, il sentimento di base è però lo stesso: le formiche non si fidano dei cicaleggianti politici che elargiscono redditi di cittadinanza, pensioni anticipate e bonus vari.
Genova sotto un ponte crollato, Taranto sotto cancro, Venezia sott’acqua, l’insistenza nel non voler abolire le leggi che sono servite solo a disincentivare il lavoro fanno dubitare che il 2020 risulti innovativo rispetto all’orribile 2019.
Le cicale assassine continueranno a condurre l’Italia verso il baratro?
Coraggio Patria.
"Servizio obbligatorio di leva civile in Italia" Claudio Susmel
Il Trattato di Rapallo istituzionalizza lo Stato libero di Fiume
confinante con l’Italia
1920 – 2020
Memoria Patriae prima vis
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