L’italiano Mattarella e lo sloveno Pahor alla foiba di Basovizza
la croata immonda stella rossa a Fiume
Sine terra nulla Terra Fluminis Sancti Viti
15 gennaio 2021
Il numero speciale della rivista “FIUME” edito in occasione del sessantesimo anniversario della rifondazione della Società di Studi Fiumani, propone articoli di Renato Atzeri, Alessio Cecera, Ervin Dubrovic, Irvin Lukezic, Franco Papetti, Marton Pelles, Laslo Somogyi, Giovanni Stelli, che scrivono dell’attuale politica italiana nei confronti della Slovenia, oltre che di vari aspetti della vita di Fiume, e dei fiumani nel resto d’Italia e oltre le Alpi Giulie.
E’ di Giovanni Stelli il pezzo d’apertura, che ricorda l’incontro alla foiba di Basovizza del Presidente della Repubblica Italiana Mattarella col Presidente della Repubblica Slovena Pahor.
Il Direttore editoriale di “FIUME” riporta la soddisfazione di Pahor per la restituzione del Narodni Dom, la Casa del popolo degli sloveni triestini che venne incendiata negli anni Venti dagli italiani; soddisfazione che Pahor esprime con ridondante lirismo di parte circa la riparazione del torto subito.
Stelli riporta anche una parte dell’intervento di Mattarella, volto a consolidare gli intenti e i sentimenti di civile convivenza […] Al di qua e al di là della frontiera, il cui significato di separazione è ormai per fortuna superato per effetto della comune scelta di integrazione nell’Unione Europea […]. A prima lettura verrebbe da chiedersi come mai tanta ingenuità nel nostro Presidente, un italiano nato in quella Sicilia dove sbarcò nel 1943 il Corpo di spedizione francese – i marocchini – che cessarono ben presto di molestare e stuprare le italiane dopo che alcuni di loro furono trovati uccisi con i loro genitali in bocca, mentre continuarono a farlo in altre Regioni d’Italia dove la reazione degli italiani fu meno … incisiva. Nessuno si aspetta che il nostro composto – ma tutt’altro che dormiente – Presidente replichi le gesta degli “avi” suoi armato di roncoletta per vitigni a danno degli imperialisti sloveni insediatisi al di qua dello spartiacque alpino giuliano, pure gli chiediamo di riflettere sulla mancata ricomposizione etnica della Venezia Giulia orientale dopo l’esodo forzato degli anni che vanno dal 1943 al 1954, di chiedere che venga riparato anche il torto subito dagli italiani, non solo lacrimevolmente evocato, un torto che ha sottratto alla comunità italiana nazionale migliaia di chilometri quadrati di Venzia Giulia.
Bene fa per altro la rivista “FIUME”, e Stelli in particolare con questo suo pezzo, a sottolineare come finalmente si ammetta da parte di Pahor l’esistenza delle foibe e il martirio degli infoibati italiani: il primo statista della ex Jugoslavia che ha reso omaggio ai morti infoibati di Basovizza. Gesto la cui utilità risulterà però tanto più manifesta quanto prima conseguirà effetti pratici: la pace con gli italiani in foiba o in esilio e con gli sloveni nelle loro case abbandonate in tutto il territorio giuliano prealpino fino alla frontiera imposta all’Italia col Trattato di Pace del 1947 va ridisegnata. Questo vuole la politica, che non deve necessariamente perseguire i suoi fini con le armi, ma indicarne gli obiettivi, come la revisione del Trattato di Pace del 1947; revisione che non foss’altro per il re insediamento dell’etnia italiana nella Venezia Giulia orientale è un obiettivo rientrante perfettamente in un’azione culturale di sostegno.
Pahor e altri politici sloveni stringeranno non una mano ma cento mani di italiani purchè non si chieda loro di restituire un solo metro quadrato di terra.
Concetto questo che i croati nella loro rozza semantica propagandistica hanno “dichiarato” con l’issare la stella rossa – finanziata nell’ambito di Fiume capitale europea della cultura 2020! – su un grattacielo di Fiume, come riportato più avanti da Stelli e denunciato a suo tempo da Marino Micich: ben torni anche il comunismo se è con esso che possiamo tenerci Fiume. E ancora i croati lo hanno dichiarato col restaurare la nave Galeb che fu di Tito: ben lucido rimanga il ricordo del sangunario genocida di italiani se serve a tenerci l’Istria.
Accorata la denuncia dell’articolista e di tanti altri fiumani per la mancata approvazione, nell’ambito di Fiume capitale europea della cultura, di progetti relativi alla multisecolare cultura autoctona italiana di Fiume, ma non abdicante, visto che Stelli elenca tutta una serie di iniziative della Società di Studi Fiumani svolte, e da svolgersi compatibilmente con la situazione sanitaria planetaria.
Qualche riga anche sul progetto – è Papetti che scrive – volto a far tenere il raduno mondiale dei fiumani solo a Fiume: no, Roma – con il suo quartiere Giuliano Dalmata – deve restare il porto, la casa di tutti i fiumani e dei loro discendenti residenti in Italia e oltre il displuvio delle Alpi.
Una volta ogni due anni il raduno venga tenuto nella Capitale di questa nostra Italia che mai i fiumani hanno rinnegato, una volta ogni due anni si tenga in una delle cento città d’Italia, Fiume inclusa, così da favorire la presenza di tutti coloro che non hanno le risorse fisiche o economiche per compiere lunghi tragitti.
L’articolo di Papetti, e altri pezzi dello speciale “FIUME” (118 pagine) meritano un’analisi ben più diffusa dell’accenno riportato, che OBLO’ si ripromette di fare in seguito.
Per informazioni sui contenutissimi costi della rivista: info@fiume-rijeka.it
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