Geografia e storia del signor Luigi Riva

Leggiunese varesotto lombardo italiano europeo
Etiam incola atque amans partem Italiae
quae nomatur Sardinia

22 gennaio 2024

La geografia presenta fatti e quindi eroga fastidio grande a chi con le proprie opinioni vuole tirare la giacchetta della Cronaca o la toga della Storia.

Negli anni ’80 e ’90 del secolo scorso, ho lavorato per tutta Italia isole comprese, raccogliendo qualche lira per l’emittente privata più ascoltata nell’Arcipelago Sardo Corso Toscano.
Invece di rientrare al mio accampamento cagliaritano il venerdì, prendevo l’aereo la domenica, e così visitavo borghi e città.
Al termine di uno di questi viaggi, da Firenze presi un treno che mi portò a Empoli, e da una piazza di Empoli un autobus che in pochi minuti mi condusse a Vinci, per sentire assaggiare vedere l’aria che aveva respirato Leonardo, da Vinci appunto. Lì immaginai l’unico quadro al mondo più bello de “La Gioconda”: “La Gioconda” libera e sorridente tra i cipressi e i colli di Toscana sotto il dolce sole d’Italia.
Leonardo vinciano, empolese, toscano, italiano, europeo.
Impagabile il sorriso trattenuto del Presidente Mattarella, quando, durante un suo viaggio a Parigi, Macron gli fece vedere la tomba di Leonardo, a coronamento di una immagine del Genio proposto come solo europeo, che il francesino tentava pateticamente di accreditare anche di fronte allo smaliziato italiano di Sicilia.

Riva leggiunese, varesotto, lombardo, italiano, europeo, rinunciò a guadagni per quel tempo favolosi, e a militare per la, allora, Signora del calcio italiano, pur di rimanere col Cagliari, a Cagliari. Fece il nido in quella parte d’Italia che parlava la sua stessa lingua, non solo con la lingua.
La Sardegna tante volte tradita da tanti, assetata d’amore, amò il campione che la riamò non per denaro ma per calduccio di placenta materna che da orfano quale era cercava.
Il guerriero venuto dal mare non era un cornuto pronto a venderla e a vendersi per denaro.
L’ala sinistra più forte di tutti i tempi si allontanava dal Cagliari solo per giocare con la Nazionale della nazione di cui facevano e fanno parte anche Lombardia e Sardegna, non per giocare in squadre straniere.
L’Italia aveva allora il suo mancino non Mancini.

Nel fine 1966 la mia famiglia si trasferì da Cagliari a Lanciano, in Abruzzo.
Nato io a Reggio di Calabria, con mio padre nato a Fiume, andammo in macchina a vedere la partita Foggia – Cagliari; era inverno perché ricordo davanti a me il tifoso del Foggia in un cappotto.
Sedicenne dimentico della dolce soave favella e della prudenza, cominciai a un certo punto a gridare arroga arroga per incitare i giocatori del Cagliari. Si volse verso di me scuro in volto il tifoso foggiano invitandomi a smetterla. Replicò mio padre chiedendogli perché. Si voltò nuovamente verso il terreno di gioco il foggiano.
Tornammo ad abitare a Cagliari.
Andammo per anni a vedere i tanti giocatori della Nazionale Italiana di Calcio con la maglia del Cagliari e tutti gli altri, compresi quelli di “Cagliari – Bari 2 a 0 c’ero anch’io”.
Come me migliaia di altri italiani di tutte le Regioni d’Italia gridavano forzacCagliari.
Potenza di quel Cagliari costruito via via con giocatori di tutte le Regioni d’Italia, che era è e sarà sempre di chi lo ha amato.

Ora che a geografia storia e memorialistica è stato dato quanto gli spettava – unicuique suum tribuere – si permetta agli occhi di inumidirsi.
E di immaginare che quando ci sveglieremo di notte sentendo rombi di tuoni, guarderemo verso l’alto esitando a imprecare, perché ci verrà il dubbio che a svegliarci siano state le pallonate di Riva che ha ripreso a giocare.

“Servizio di leva militare obbligatorio in Italia”  Claudio Susmel

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