Revisione del Trattato di Pace del 1947/3

Il Preambolo
Non sequitur

Il contributo italiano alla Cobelligeranza nata tra Italia e Alleati dopo l’armistizio del 3 settembre 1943, viene sbrigativamente richiamato nel Preambolo del TP47:
“… Premesso che a seguito delle vittorie delle Forze alleate e con l’aiuto degli elementi democratici del popolo italiano, il regime fascista venne rovesciato il 25 luglio 1943 e l’Italia, essendosi arresa senza condizioni, firmò i patti d’armistizio del 3 e del 29 settembre del medesimo anno; e premesso che dopo l’armistizio suddetto Forze Armate italiane, sia quelle governative che quelle appartenenti al Movimento della Resistenza, presero parte attiva alla guerra contro la Germania, l’Italia dichiarò guerra alla Germania alla data del 13 ottobre 1943 e così divenne cobelligerante nella guerra contro la Germania stessa …”.

Sono centinaia di migliaia i caduti italiani tra le Forze Armate Governative e quelle della Resistenza dopo la comunicazione del primo Patto D’armistizio avvenuta l’8 settembre.
Si ricordino i caduti tra le forze governative che combatterono per terra per mare e per aria con i cobelligeranti Alleati, comprendendovi i fucilati di Cefalonia, e i marinai degli equipaggi delle navi della Regia Marina affondate (per esempio di nave Roma mentre tenta di sfuggire alla cattura dei tedeschi cercando di dirigere verso un approdo tenuto dai cobelligeranti); si ricordino i militari morti mentre erano prigionieri dei tedeschi; si ricordino i militari morti durante il loro trasferimento su navi tedesche; si ricordino i partigiani caduti, comprendendovi anche i partigiani morti nei lager tedeschi; ai caduti militari si aggiungano i civili uccisi nelle rappresaglie nazifasciste; si aggiungano i deportati morti in Germania.
A tutti questi si aggiungano i morti dopo la guerra in conseguenza delle ferite e malattie dovute a cause belliche, sempre del periodo 1943–1945, e sempre per aver aderito alla Cobelligeranza.
Leggiamo dal libro di Vasco Ferretti (1), centrato sul processo tenutosi a Venezia nel 1947 al comandante in capo delle forze armate tedesche in Italia nel 1943 – 44, Albert Kesserling, la cui lettura integrale riesce a farci visualizzare – attraverso testimonianze nel processo riportate o dirette – una parte dell’orrore e del fiume di sangue cui andò incontro l’Italia per aver assunto la qualifica di cobelligerante degli Alleati.
Leggiamo dunque da Ferretti del “… sanguinoso disarmo delle forze armate italiane [da parte dell’esercito tedesco] …” (pag. 72).
Della direttiva di Berlino diramata da Kesserling e da Rommel l’11 settembre 1943: “I comandanti italiani responsabili della resistenza saranno fucilati come irregolari se entro la scadenza stabilita non ordineranno alle proprie truppe di consegnare le armi alle unità tedesche.” (pag. 74).
Delle “… migliaia tra ufficiali e soldati fucilati a Cefalonia … [e della] deportazione dei 600.000 che, essendosi rifiutati di combattere nella Wehrmacht o di entrare nelle forze armate della RSI vennero inviati ai lavori forzati nell’industria bellica tedesca. Dopo il 20 settembre, per sfuggire alle conseguenze della Convenzione di Ginevra, i deportati in Germania non furono più chiamati prigionieri di guerra ma “internati militari italiani” (IMI) privi di ogni tutela giuridica e umanitaria; 45.000 risultarono dispersi come manodopera sul fronte orientale o morti nei lager.” (pag. 75).
Delle lotte in Corsica “… dove per lo sgombero delle truppe tedesche non si poterono evitare scontri con la guarnigione del generale Magli … scrive Kesserling” (pag. 80).
Del dispaccio del 17 giugno 1944 di Kesserling, capo di tutte le forze armate tedesche in Italia “… diramato ai suoi generali d’armata con il quale li autorizzava ad agire con tutti i mezzi e con la massima energia contro le formazioni partigiane operanti alle spalle del fronte garantendo protezione a quanti, nel corso delle rappresaglie, avessero oltrepassato i limiti della normale conduzione delle azioni di rastrellamento e di contrasto … Soltanto il 21 agosto 1944, di fronte alle vivaci proteste di Mussolini, egli aveva diffuso il contrordine di limitare le rappresaglie contro la popolazione civile … ” (pagg.18/19). “Kesserling sostenne di aver emanato l’ordine del 17 giugno 1944 come risposta alla recrudescenza degli attacchi subiti da parte dei partigiani e dei civili dopo l’appello lanciato dal generale Alexander da Radio Londra … rivolto in modo particolare agli italiani che si trovano fra le nostre truppe avanzanti  e la Linea Pisa-Rimini, la Linea dei Goti sulla quale i tedeschi tenteranno di riorganizzarsi in resistenza e lungo le due zone costiere di ambedue i litorali … Per le zone suddette il comando è: Uccidete i tedeschi, distruggete i loro trasporti, impedite loro di far saltare i ponti e danneggiare le strade. Raccogliete le informazioni su quali misure difensive vengono prese dai tedeschi e fate sì che esse giungano fino a noi.” Kesserling ricorda che … La guerra partigiana diventò per il comando tedesco un pericolo reale, la cui eliminazione era un obiettivo d’importanza capitale … la lotta contro le bande doveva venir posta tatticamente sullo stesso piano della guerra al fronte … era necessario tener libere le vie di comunicazione con le retrovie, per garantire i rifornimenti ed il trasporto dei feriti, ed evitare gravi perdite” (pagg. 232/233).
E ancora: “Sotto l’influsso del senso di incertezza e di insufficiente protezione nel quale vivevano le truppe … fui [Kesserling] costretto … ad ordinare alla truppa l’uso illimitato delle armi, per sottrarla alle perdite …” (pag.196). “Il processo di Venezia metterà in evidenza l’arbitrio o l’incapacità con la quale i comandanti di divisione e di reggimento trasformarono l’esecuzione di un rastrellamento in una vera e propria strage.” (pag. 197). “Prima che il processo volga al termine Kesserling consegna una deposizione volontaria … Nonostante i miei ordini … offese furono commesse nel nome della difesa personale da parte di unità non controllate … Le atrocità ordinate coscientemente così da superare i limiti della ragion di Stato e instaurare un regno del terrore non possono essere state richieste da me stesso o da nessuno dei miei comandanti in capo. Né possiamo coprire i crimini comuni dei nostri soldati commessi a sangue freddo …” (pag. 208).
La pena di morte inflitta a Kesserling fu commutata in ergastolo e fu successivamente liberato. Ricordiamo anche il “… Registro dei crimini di guerra nazifascisti secretato negli anni Cinquanta, poi rinvenuto … nel 1994, tra le 2.274 notizie di reato figurano come imputati per strage i seguenti generali tedeschi …”(2). Il tutto a testimonianza dell’opportunismo politico transatlantico che indusse a blandire la Germania, terra di frontiera con le nazioni aderenti al Patto di Varsavia; opportunismo che, sempre a spese dell’Italia sconfitta e dimentico dell’Italia cobelligerante, non esitò a mutilare le sue frontiere naturali orientali a vantaggio di un’altra nazione di frontiera, la Jugoslavia.

Ed è poderoso il contributo di uomini, materiali e alloggiamenti vari delle Forze armate italiane fornito dalla comunicazione dell’armistizio dell’8 settembre 1943 sino alla fine della guerra (3).
Si ricordi, oltre ai combattenti, anche il numero dei tanti soldati italiani non impiegati in prima linea nella guerra contro la Germania (e per l’aumento dei combattenti in prima linea le ripetute richieste italiane si sprecavano): “La A.C.C. – Commissione alleata di controllo – ha richiesto al Governo italiano di fornire anche: 101.100 soldati per il servizio di sicurezza interna; 180.000 per l’impiego da parte degli Alleati in servizi vari; 45.170 per organizzazione centrale, Corpi territoriali e servizi. La maggior parte di questo totale di 340.000 uomini fu in breve tempo fornita”(4).

La cobelligeranza, fossero o non fossero i termini e le conseguenze pienamente compresi e previsti dalla classe dirigente che la volle, non risultò essere una furbizia strategico diplomatica, avendo invece essa comportato nei fatti l’assunzione di un onere che causò all’Italia miseria economica, sangue, orrore.
Già, ma come si fa a citare nel preambolo di un trattato centinaia di migliaia di uomini impiegati contro la Germania o vittime di essa, invece di usare una non solo lacunosa ma neanche troppo esplicativa formula riassuntiva e poi imporre con lo stesso trattato l’annessione di Briga e Tenda e centinaia di chilometri quadrati ancora all’ex territorio peri nazista della Francia di Vichy, prontamente assemblato con la Francia di Parigi in una Francia Riunita Democratica ricostituita solo dopo le vittorie degli anglo sovietici? Un preambolo più compiutamente descrittivo dello sforzo bellico italiano dopo l’Armistizio sarebbe stato ben poco utile per predisporre nuovamente sul territorio europeo non insulare, l’antemurale di una Francia ben disposta verso il Regno Unito, da considerarsi quest’ultimo per più aspetti niente altro che il 51° stato anglo – statunitense  d’oltre Manica; o è più giusto definirlo d’oltre Atlantico?

Forse è arrivato il momento di ripensare le motivazioni che hanno condotto a scrivere quel preambolo.
Si pensi alla nuova situazione internazionale, con i tanti guai sulle sponde meridionali e orientali del Mediterraneo. Si pensi a questo sanguinosissimo 2015, per l’analisi del quale rimandiamo alle pagine precedenti di Oblo’ e al quotidiano cartaceo o digitale  più gradito dal lettore.
Si capirà facilmente allora che uno schieramento occidentale che abbia fiducia solo su uno o due alleati europei del nord Europa, lasciando scoperto il sud Europa, non è il massimo per l’approntamento di una difesa reale ed efficace di un Occidente democratico e multi religioso.
L’Italia non deve offrire pacatamente e “solo” i suoi servizi logistici per la difesa del territorio meridionale d’Europa e dei suoi mari, ma deve essere alleato certo e motivato dell’organizzazione militare transatlantica in Mediterraneo. Quanto costa all’Alleanza la sua parziale assenza propositiva e operativa? Quanto costa l’assenza di un entusiasmo profondo e diffuso verso l’Alleanza tra la sua popolazione civile oltre che militare? Che fare per stimolare il senso di appartenenza dell’Italia all’Europa, all’Occidente, alle organizzazioni internazionali?: si provi a dare un’occhiata ai suoi confini naturali e a porre graduale e progressivo rimedio al loro mancato raggiungimento.

E’ doveroso riconoscere che le condizioni di pace tennero conto dell’Armistizio e della Cobelligeranza, se si riflette sul trattato di pace che al termine della Seconda Guerra Mondiale impose alla Germania la divisione in due Stati separati fino al 1989, e sul bombardamento atomico che subì il Giappone per non aver accettato la resa prima dello stesso. Ne tennero conto, ma un conto avaro; si leggerà delle mutilazioni metropolitane, della gran parte della flotta ceduta, dello sforzo fatto per restringere le possibilità di influenza dell’Italia nel Mediterraneo e nel Pianeta, e di altro ancora.
Perciò si scriverà della necessità di revisionare quel conto presentato all’Italia il 10 febbraio del 1947.

Post scriptum
Il web riporta dati e numeri – senza certezze assolute – utili per le ricerche sulle vittime civili e militari italiane durante la Seconda Guerra Mondiale, citando tra altre fonti: la Associazione nazionale ex internati, l’Istituto centrale di statistica, Giorgio Rochat.

(1) Vasco Ferretti, Kesserling, passim, Milano, Mursia, 2009
(2) Vasco Ferretti, op. cit., pag. 264 nota 3
(3) Pietro Badoglio, L’Italia nella seconda guerra mondiale, Verona, Mondadori, 1946
(4) Pietro Badoglio, op. cit. pag. 241

Claudio Susmel 

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2 pensieri su “Revisione del Trattato di Pace del 1947/3

  1. Ritengo che questa sia una tribuna libera e che sia mio dovere esprimere apertamente il mio dissenso per la conduzione dell’Italia anche ai nomi dei tanti Caduti della Resistenza e della Guerra di Liberazione (due denominazioni per un solo,unico scopo!) : non è certo questa l’Italia migliore, che sognavamo dovesse nascere per le future generazioni.Non diventiamo certo europei se imitiamo l’Irlanda. Troviamo onesta soluzione ai problemi del lavoro e della sicurezza in un apparato statale conscio del valore della dignità e saremo europei a pieno titolo.

  2. Concordo pienamente con quanto lei afferma. Tra l’altro dobbiamo ricordare che la strada per Cassino venne aperta tra il giorno 8 e il giorno 16 dicembre 1944 dal 67° Fanteria e il 51°Battaglione Bersaglieri. Purtroppo la nostra classe politica è vigorosa solo sui giornali per antipatica tradizione. Ricordiamo il comportamento al tempo del delitto Matteotti, ma anche ai nostri giorni la vergogna dei nostri due Fucilieri di Marina ancora in un’India che ci mena per il naso e- fiorellino di ieri – il nostro essere europei …..se seguiamo l’esempio dell’Irlanda : non se veramente ci sforziamo di risolvere onestamente il problema dei troppi disoccupati.

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