Nel 2022 ricordare il 9 giugno 1940

Ovvero dell’elogio della pausa
in guerra come a teatro
Nocere casus non solet constantiae

14 luglio 2022

L’attore professionista sa quanto la pausa sia difficile durante quella che, anche se muta, si chiama comunque azione scenica.
Anche nel teatro di guerra è difficile stare in silenzio e immobili, meno difficile se ci si limita a perseguire obiettivi irredentistici.

Durante la Seconda Guerra Mondiale fummo bravi attori sulla scena internazionale fino al 9 giugno del 1940; restammo neutrali rispetto al conflitto europeo in corso tra nazioni che non si erano certo mai dissanguate per noi.
Restando neutrali in un conflitto esteso si rischia di perdere un ruolo da protagonisti, ma proprio i bravi attori al momento opportuno sanno restare in ombra.

L’attore esperto trova il coraggio per restare impassibile di fronte a una macchina teatrale che irrompa intempestivamente dall’alto o dal fondale, e si concentra per preparare la battuta seguente con le varianti di tempo e di tono dettate dalle circostanze impreviste.
Ci vuole coraggio paziente e cauto anche di fronte al rischio di un’invasione improvvisa, coraggio operoso e dissimulato per potenziare tutte le risorse civili e militari della Nazione.

Metafore a parte, è risaputo che con i se e con i ma la storia non si fa; riflettendo sui nostri errori e ipotizzando di aver tenuto comportamenti diversi non cambieremmo quindi il risultato delle nostre azioni di allora.
I se e i ma servono però ad esaminare le possibili varianti comportamentali future, visto che è altrettanto risaputo che la storia si ripete.
Ed allora, per stabilire un minimo denominatore comune di popolo che neghi ai potenziali invasori transalpini di domani l’opportunità criminale di sottometterci di nuovo perché di nuovo divisi, è utile fissare nella mente i nostri confini naturali, mettendo le Alpi e i mari tra noi e i rinunciatari, tra noi e gli imperialisti. Così che se in futuro nessuna nuova oligarchia planetaria di macellai li dovesse minacciare direttamente e immediatamente, ci possa risultare gradita una pausa più lunga di quella osservata fino al 9 giugno del 1940, una pausa che duri sino alla fine di una non auspicata prossima guerra.

Quanto al problema di coscienza nazionale di fronte ai drammi degli ipotetici belligeranti, potremmo risolverlo ospitandone i bambini, ma con la rigida esclusione dei rispettivi genitori in armi.
I permessi e i divieti d’ingresso sul territorio nazionale sarebbero concessi a tutti senza distinzione di razza, religione, nazionalità, opinioni politiche, sesso, e quant’altro.

"Servizio di leva militare obbligatorio in Italia"         Claudio Susmel

1922- 2022
Centenario dello Stato d’Assedio non firmato
Memoria Patriae prima vis

Confini marittimi contesi nei mari dell’Estremo Oriente e in Adriatico

Senkaku o Diaoyu
Cherso chiamata anche Cres

Natura sicut limes

Luglio 2022

Dal Mare Cinese Orientale emerge un arcipelago di circa 7 chilometri quadrati che il Giappone chiama Senkaku, e la Cina di Pechino chiama Diaoyu.
Dalla lettura e dall’ascolto di numerosi giornali italiani risulta che dal punto di vista storico le isole sono contese da più di un secolo; pare però che le rivendicazioni siano aumentate di volume da quando nei pressi dell’Arcipelago si sono scoperte riserve di gas naturale.
Forse sarebbe meglio lasciar perdere le infinite dispute storiche, che hanno visto anche l’intervento di nazioni non facenti parte del continente asiatico, e concentrarsi esclusivamente sui confini naturali, appurando se l’Arcipelago si trovi entro i confini marittimi naturali del Giappone, della Cina di Pechino, o della Cina di Taipei (Taiwan); salvo concordare una partecipazione agli utili derivanti dallo sfruttamento del gas naturale per la nazione esclusa dall’amministrazione politica dell’Arcipelago.

Il confine marittimo viene discusso anche nel mare Adriatico settentrionale, tra Slovenia e Croazia.
L’Italia invece non discute il suo confine marittimo.
Eppure l’Italia potrebbe dire più di una parola sui confini marittimi in Adriatico: l’isola di Cherso/Cres, per fare un esempio, appartiene geograficamente alla nostra nazione, ma politicamente alla Croazia. Rivendicarla non significa voler mandare navi da guerra a incrociare nel Golfo del Quarnaro e truppe da sbarco sulla costa istriana, ma ipotizzare una sua riannessione all’Italia sì, garantendo il bilinguismo perfetto italiano croato sul suo territorio, e varie forme di partecipazione agli utili derivanti dallo sfruttamento del mare che la circonda per la Croazia cedente la propria sovranità politica.

Le isole istriano dalmate dell’Adriatico sono migliaia di chilometri più vicine a noi delle isole Senkaku/Diaoyu.

        "Servizio di leva militare obbligatorio in Italia"        Claudio Susmel

1922 – 2022
Centenario dello Stato d’Assedio non firmato
Memoria Patriae prima vis

Una guerra britannica di alcuni anni fa

La dittatura del buon senso 
per le Malvinas/Falkland.
Mensura

7 luglio 2022

Qui di seguito alcune righe scritte su OBLO’ qualche tempo fa

Margareth Tatcher è morta.
Nel 1982, l’allora primo ministro britannico volle la guerra per riprendersi le isole Malvinas/Falkland, rivendicate e occupate dagli argentini. Essendo ora sottoposta a giudizio extraterrestre, dovrà convincere il Presidente del Tribunale che i morti a causa di quella guerra erano giustificati.

Se l’Europa venisse coinvolta in un conflitto con l’Argentina per conservare la titolarità statuale del Regno Unito sulle isole Malvinas/Falkland, noi italiani dovremmo rischiare la vita dei nostri soldati per rivendicare un arcipelago che fronteggia la Patagonia.

Il rivendicare la statualità britannica su un gruppo di isole che si trova a migliaia di chilometri dalle coste europee e che fronteggia l’estremità meridionale di un altro continente, l’America, si può spacciare per democrazia? Si?

Viva la dittatura allora. Del buon senso: dare un’occhiata all’atlante.

Servizio di leva militare obbligatorio in Italia   Claudio Susmel

1922 – 2022
Centenario dello Stato d’Assedio non firmato
Memoria Patriae prima vis