La Storia imposta da Buonaparte si ripeterà?

Air France, Napolione e (l’A)litalia

Pare che Alitalia non se la passi bene. Qualcuno invoca il soccorso di Air France.
Vediamo se la Storia ci aiuta a prevedere il futuro.

Tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800, Napolione Buonaparte (così nel certificato di battesimo aiaccino redatto in lingua italiana) regionalizza parecchie rotte marittime italiane.
Le rotte della Serenissima Repubblica (marinara) di Venezia non furono più stabilite dai suoi Dogi a partire dal Trattato di Campoformio, col quale Napolione poneva fine alla libertà della laguna più bella del Pianeta, cedendola all’Impero austroungarico.
Le rotte della Repubblica (marinara) di Genova, e le rotte del Granducato di Toscana comprendente il territorio di quella che fu la Repubblica (marinara) di Pisa, furono regionalizzate da Napolione, associando la Repubblica e il Granducato all’Impero francese.
Le rotte del Regno di Napoli, comprendente il territorio di quella che fu la Repubblica (marinara) di Amalfi, furono regionalizzate da Napolione infeudando il Regno al fratello Giuseppe.
Le rotte della Repubblica (marinara) di Ragusa di Dalmazia furono regionalizzate da Napolione inglobando la Repubblica nelle Province Illiriche, stato mai battezzato prima dalla Storia ma inventato dal guerrafondaio nato in faccia alle Isole Sanguinarie.

La Francia del diciottesimo e del diciannovesimo secolo regionalizzò le rotte marinare italiane.
E se la Storia si ripetesse per le rotte aeree italiane del ventunesimo secolo?
Alla magistra vitae piace ribadire i concetti.
Soprattutto a beneficio dei suoi alunni più distratti.

Claudio Susmel

5 ottobre 1954, Memorandum di Londra

Il Banco dei Pegni restituisce Trieste all’Italia.

Il 5 ottobre 1954 l’Italia, gli Stati Uniti, iI Regno Unito e la Jugoslavia certificano con un Memorandum l’aborto del Territorio Libero di Trieste, che avrebbe dovuto comprendere Duino, Trieste e Cittanova d’Istria sul litorale adriatico, Poggioreale, Paugnano e Grisignana nell’entroterra.
Una linea ripartisce il territorio da attribuire al TLT in “Zona A” occupata dai britannicostatunitensi e “Zona B” occupata dagli jugoslavi; corre a nord del Vallone di Capodistria, lasciando Muggia alla “Zona A”.
La perizia necroscopica viene firmata a Londra: ”… in vista del fatto che è stata constatata l’impossibilità di tradurre in atto le clausole del Trattato di Pace con l’Italia [del 1947] relative al Territorio Libero di Trieste, gli angloamericani si ritirano. I governi italiano e jugoslavo estenderanno immediatamente la loro amministrazione civile sulla zona per la quale avranno responsabilità” ((Padre Flaminio Rocchi, L’accordo di Osimo sulla“Zona B” pag. 5, Roma, a cura dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia –Dalmazia, s.d.).
Il riacquisto della “Zona A”, salvo un’ulteriore ridefinizione del suo confine meridionale a vantaggio della “Zona B” (Tito imperversa), viene assicurato all’amministrazione italiana ma non alla sua sovranità; la divisione tra le due zone è chiamata nel Memorandum di Londra linea di demarcazione e non confine
Il 26 ottobre del 1954 entrano le truppe italiane e sgombrano quelle britannicostatunitensi; le immagini della folla delirante di gioia per l’ingresso dei Bersaglieri a Trieste fanno “sentire” il tempo e i luoghi.

L’art. 74 del Trattato di Pace del 1947 stabilisce una scadenza di sette anni, il 1954 quindi, per il pagamento delle riparazioni di guerra italiane a Unione Sovietica, Albania, Etiopia, Grecia e Jugoslavia. L’accordo con gli Stati Uniti sulle basi statunitensi in Italia (Bia), viene firmato il 20 ottobre 1954 (Alfonso Desiderio, Viaggio nelle basi americane in Italia, limesonline). L’ingresso delle truppe italiane a Trieste viene effettuato il 26 ottobre 1954.
Per quanto premesso, è ragionevole dubitare che la “Zona A” sia stata trattenuta dagli ex cobelligeranti per avere la certezza del pagamento dei danni di guerra da parte dell’Italia, e per “ammorbidirla” circa le clausole degli accordi militari con gli Stati Uniti?

Trieste, il gioiello d’Italia miramare e dal mare ammirata, era al Banco dei Pegni.

Claudio Susmel

Il patrono d’Italia pacifista chiacchierone in Patria e all’estero

4 ottobre, San Francesco d’Assisi

Intorno al San Francesco delle immaginette, oltre alle rondini perennemente in volo intorno a un campanile, alle rose e agli alberi, figurano immancabili le colombe della pace.
Il patrono d’Italia non si accontentò di rischiare la propria vita con i lupi e di parlare a tutti solo in Patria, ma volle esercitarsi anche all’estero, andando in Egitto e Palestina; a quanto pare il corso di specializzazione per pacifisti seri si svolge spesso da quelle parti.

Comunque si sia comportato il fraticello, da propagandista attivo del cattolicesimo, o intermediario non schierato tra cattolici e mussulmani (bah!), non si è certo portato dietro catapulte o trabucchi, e così le armi della contraerea indigena di allora hanno potuto restare inoperose, visto che l’extracomunitario faceva volare intorno ai campanili e alle moschee delle città cui andava incontro solo le sue parole, che planavano come colombe tra saracini e crociati, tra palme e dune, alla ricerca di scolaretti rintanati in casa, per farli sorridere di nuovo e tornare di corsa a scuola con Bibbia o Corano.

Pur in assenza di facebook, twitter e blogs vari, quel viaggio in qualche misura deve aver funzionato, visto che se ne parla ancora ottocento anni dopo. Evidentemente quando c’è il contenuto è sufficiente qualche cronica del 1200 per farsi apprezzare, e non solo nel proprio collegio (elettorale) cattolico o occidentale.

Nell’anno del Signore 2013 si parla di altri viaggi da farsi nel Vicino Oriente.

Quello del concittadino italiano che parlava a tutti, animali compresi, sembra un buon esempio da imitare. Che senso avrebbe tradire il suo italian style per correre dietro a guerrafondai taciturni, totalmente privi di strategie militari efficaci nello spazio e nel tempo?

Chiacchieroni come siamo, ci siamo scelti Francesco come patrono.
San Francesco, mite e chiacchierone patrono d’Italia.
E delle relazioni internazionali.

Claudio Susmel