Guerra in Siria, poca fantasia o pigrizia?

D’Annunzio e il “Volo su Damasco”

Forse per le nazioni bellicose si tratta solo di mancanza di fantasia.
Durante la Prima Guerra Mondiale, Gabriele D’Annunzio volò su Vienna e lanciò dei manifestini per sensibilizzarne gli abitanti alla causa italiana. Occhialetti scuri non proprio marziali, logorrea tribunizia, poesia non sempre fresca, propensione a contribuire personalmente e generosamente all’incremento demografico della Nazione, ma rischiò la vita. La sua, non quella della popolazione civile.
A cento anni di distanza, libri, giornali e fumetti, televisioni, radio e web ricordano ancora quel capolavoro bellico di fantasia, di organizzazione, e di propaganda. Se avesse buttato qualche bomba – poche perché gli aerei di allora non avrebbero retto al peso – avrebbe ottenuto l’effetto di demoralizzare la popolazione della capitale austro ungarica, ma avrebbe commesso un crimine e l’Italia intera ne avrebbe ricavato una pessima reputazione.
Quell’azione potrebbe essere replicata con una massiccia campagna di propaganda militare internazionale. Un volo su Vienna riveduto e corretto. Un “Volo su Damasco”. Per quanto replicato, risulterebbe comunque più fantasioso della potenziale ennesima ondata di sangue innocente.
Se comprovato l’uso delle armi chimiche da parte del Governo siriano, potrebbero organizzarlo gli Stati Uniti. Con quali alleati? Su quali città della Siria oltre Damasco e con quanti aerei? Che tipo di contenitori usare per fare arrivare tra la popolazione i volantini e cosa scriverci sopra? A quali altri mezzi di propaganda affiancarlo? Agli Stati Uniti non mancano certo gli esperti del settore, né le risorse economiche e i mezzi militari.

Forse però per le nazioni bellicose non si tratta di mancanza di fantasia, ma di pigrizia.
Realizzare una operazione militare di bombardamento tradizionale è meno problematico che organizzare un bombardamento di idee; nel secondo caso bisogna trovarle le idee, coordinarle, convincere gli alleati della loro validità, e infine per poter vincere il nemico senza ucciderlo bisogna impiegare più tempo e più risorse, e correre più rischi.
Questa campagna otterrebbe però il rispetto internazionale per tutti i cobelligeranti, e centrerebbe un obiettivo in più.
Il “Volo su Damasco” restituirebbe all’aviazione militare degli Stati Uniti l’onore perduto con i voli su Hiroshima e Nagasachi.

Claudio Susmel

In prima linea al Brennero

La guerra in Siria e il fronte interno in Alto Adige

Il Governo italiano sembra non soffrire in politica estera di complessi d’inferiorità, non è infatti agitato da smania di protagonismo. Sembra anche cosciente dei propri limiti di media potenza tracciati dai tagli imposti al bilancio del Ministero della Difesa.
Dice no a qualsiasi intervento in Siria se non autorizzato dall’O.N.U. e ancora no ad un intervento automatico solo in quanto autorizzato dall’O.N.U. E’ un passo avanti rispetto ad un’impersonale accondiscendenza alle decisioni di coalizioni multinazionali più o meno ristrette e in un recentissimo passato ben poco lungimiranti; si ricordi l’intervento in Libia e l’affrettarsi affannoso di tanti sull’impervio terreno della semantica politica incontro all’avventurosa definizione di “Primavera Araba”, imprudentemente elargita a un’accozzaglia di fazioni armate opposte, che ancora insanguinano le rive sud orientali del Mediterraneo. Quando si sa poco o nulla di ciò che seguirà a un’azione, è meglio non commetterla: Aspetta e Guarda è un precetto sempre valido, anche per la Siria.
Quanto alla coscienza umanitaria nazionale rispetto alle vittime della guerra nel Vicino Oriente, può concretizzarsi con l’accoglienza contingentata dei feriti nei nostri ospedali nazionali e in quelli esistenti o costituendi presso il nostro contingente in Libano, senza distinzione di nazionalità o schieramenti.

Vi è un costo aggiunto quando si trasferiscono dei militari lontano dal territorio della Nazione. Con loro si sposta infatti anche l’attenzione di milioni di cittadini. Una massa enorme di energia si allontana dal quotidiano e irrinunciabile fronte interno per navigare verso fronti esterni rinunciabilissimi e di dubbia utilità per l’Italia: articoli sui giornali, servizi radiotelevisivi, blogs e conversazioni al bar convergono su terre lontane a scapito della vigilanza sui problemi interni della Nazione e a vantaggio delle forze centrifughe eversive.
Mentre siamo quotidianamente ed ampiamente informati sulla Libia, l’Egitto e la Siria, un breve servizio televisivo mostra in Alto Adige un diario scolastico che esalta le azioni compiute negli anni ’60 da terroristi tedescofoni ai danni di uomini e beni della nazione italiana, un altro mostra cartelli stradali che denominano dei centri abitati con il solo nome tedesco, essendo stato recentemente eliminato il precedente compresente nome italiano.
Il confine italiano al Brennero è un confine naturale fissato dal displuvio delle Alpi, un confine politico legittimato da una legislazione all’avanguardia nel Pianeta per le garanzie concesse alle minoranze linguistiche, un confine militare conquistato dalle croci di centinaia di migliaia di caduti provenienti da tutte le Regioni d’Italia.
Per ottenerlo dovemmo superare la disfatta sul fronte orientale subita nel 1917. I tempi sono cambiati? Durante i giorni di Caporetto il giovane ufficiale Rommel vinse la sua battaglia incuneandosi ed avanzando nelle valli italiane avendo evitato quanto più possibile gli scontri frontali.
La tattica di qualche sorridente politico altoatesino del 2013 è così diversa?

Claudio Susmel

La Croazia nell’Unione Europea

1 luglio 2013

Il 1° luglio la Croazia è entrata a far parte dell’Unione Europea, i cui confini hanno così raggiunto la Serbia, la Bosnia-Erzegovina e il Montenegro.
Il lavoro non mancherà all’Europa, e non solo lungo i suoi nuovi confini.

Amministrate politicamente dalla Croazia, sono entrate a far parte dell’Unione Europea quella parte dell’Istria ancora mancante, Fiume e la Dalmazia.
Tra le oltre mille isole che fronteggiano le coste orientali dell’Adriatico, sono arrivate anche le Brioni, Cherso, Lussino, Veglia, Arbe, Pago, Lunga, Incoronata, Brazza, Lesina, Lissa; ed è arrivato l’arcipelago di Pelagosa, che emerge non lontano dalla Puglia.
Sono diventati nostri concittadini europei i loro abitanti e, tra gli altri, quelli di Umago, Cittanova, Parenzo, Rovigno, Pola, Fiume, Zara, Sebenico, Traù, Spalato.
Attendiamo per questi centri una legislazione che promuova una maggiore diffusione del bilinguismo croato-italiano. Lungo le coste di un mare che lambisce una nazione di sessanta milioni di italofoni, che potranno muoversi senza bisogno di passaporto o di D’Annunzio, risulterà proficuo padroneggiare l’italiano; la costa orientale dell’Adriatico bilingue garantirà inoltre a tutti che non vengano imposte lingue lontane, estranee, prevaricatrici.
Si potrà esaminare la Storia con più libertà, oltre che alla Risiera di San Sabba e alla Foiba di Basovizza, anche all’Isola Calva (Goli Otok), l’isola a sud est del Golfo del Quarnaro, dove trovarono torture e morte anche tanti italiani.
Il lavoro non mancherà all’Italia, ma per il momento ci piace immaginare un estivo colorato sorridente Adriatico che porta ondate di nipotini a riprendere i giochi di quei nonni che furono costretti a interromperli, lasciando paletta e secchiello laggiù.

No, l’Istria ancora mancante, Fiume e la Dalmazia sino al fiume Narenta non vengono unite all’Italia, che resta incompiuta.
Ma le stelle della bandiera europea brillano ora più dolcemente, di una luce tenue di case lontane nel tempo, mai dimenticate, sempre vagheggiate, sempre amate.
Anche da chi non le ha mai abitate.

Claudio Susmel