13 dicembre 1974

La repubblica nelle Isole Maltesi
come nel resto d’Italia.

Gozo, Comino, Cominotto, Malta e Filfola.
Sono le Isole Maltesi, 315 chilometri quadrati circa che fanno parte del’Arcipelago centrale italiano, insieme alla Sicilia propriamente detta, le Eolie, Ustica, le Egadi e Pantelleria.
Importanti per la loro posizione geografica, per le acque territoriali, e per l’affetto degli irredentisti italiani.

Sono state romane e siciliane.
E dominate da saraceni, normanni, spagnoli, francesi, britannici; ianua Italiae senza adeguata serratura.
Nel sedicesimo secolo la Spagna graziosamente cede ciò che non è suo ai Cavalieri di San Giovanni, durante il governo dei quali le Isole sono italo centriche per lingua e cultura.
Quando nel 1798 le occupa Napolione, il re di Napoli e di Sicilia dichiara guerra alla Francia provvedendo i maltesi di armi e denaro mentre la Gran Bretagna invia in loro soccorso la flotta, ma va a finire che con la Pace di Parigi del 1814 la Gran Bretagna conquista la sovranità sulle Isole; evidentemente l’aiuto non era stato dato a titolo gratuito.
Negli anni trenta del secolo scorso si acuiscono in Europa i contrasti tra i nazionalismi totalitari e parlamentari e la conseguente situazione internazionale precipita il Continente nella Seconda Guerra Mondiale. La previsione di un’Italia ostile e il suo ipotizzato tentativo di sbarco nelle Isole suggerisce alla Gran Bretagna di compattare il fronte interno cancellando la lingua italiana usata nelle leggi, nei pubblici registri, negli atti notarili, nelle scuole, nei giornali.
Ottengono l’indipendenza dal 21 settembre 1964, ma a sovranità limitata perchè sulle isole d’azzurro e di sole regnano ancora i lontani sovrani britannici. L’indipendenza diventa assoluta solo il 13 dicembre 1974, quando il Capo dello Stato viene eletto tra i maltesi e viene chiamato Presidente, della Repubblica di Malta, che dal 1980 stringe legami più stretti col resto d’Italia.

 Nel XIII secolo abbondavano i falconi nelle Isole Maltesi.
Come quelli desiderosi di volare liberi, i cittadini maltesi sono riusciti più volte ad evadere dalla gabbia imposta loro dall’avvoltoio imperiale di turno, salvo finire in quella dell’avvoltoio subentrante.
L’Italia proponga ai maltesi l’istituzione di una Provincia Autonoma per le loro isole nell’ambito del condominio nazionale italiano, in virtù della loro posizione geografica, in compensazione della loro millenaria storia di prigionia terminata completamente solo nel 1974, e per incoraggiare la loro fuga dalla gabbia più terribile di tutte: la presunzione, quella stessa che nei secoli passati ha spinto tanti staterelli italiani a fronteggiare da soli ricche e potenti nazioni transalpine, ottenendo sempre lo stesso esito: la schiavitù.

E nessuna Europa si è mai affannata per evitargliela.

Claudio Susmel

La difesa della terra

Abbiamo un problema
in Alto Adige

Pare che in Alto Adige aumenti il numero dei secessionisti, almeno stando ai risultati elettorali di questo autunno. Contestualmente non sembra che gli italiani di lingua italiana di Bolzano si rendano conto dell’importanza di andare a votare.

Il Governo deve fare qualcosa, per non essere costretto a misure estreme nel caso la minaccia di secessione metta a rischio la permanenza della terra della Provincia di Bolzano all’interno dei confini politici italiani; una terra situata al di qua delle Alpi, coltivabile e abitabile dagli italiani di tutta Italia, in specie da quelli che non trovano lavoro in altre Provincie d’Italia.
Vanno sviluppate alcune azioni sul fronte interno per sensibilizzare i cittadini ai problemi dell’unità e della coesione nazionale, che non sono confinati nell’archivio storico di guerre vinte, o formalmente pareggiate, ma insidiosamente presenti nella cronaca di un operoso variegato secessionismo.

Una mostra cartografica itinerante sui confini naturali d’Italia e sulla sua partecipazione, dal 1915, alla Prima Guerra Mondiale (1914-1918).
Un censimento dei monumenti celebranti nei vari Comuni la Vittoria in quella guerra, da ripristinare se deteriorati o danneggiati.
Il controllo della toponomastica cartografica affinchè risulti sempre scritta in lingua italiana, seguita e non preceduta dalle altre lingue riconosciute dall’Italia.
La tutela della denominazione in lingua italiana dei vari centri abitati e non, sui cartelli delle strade e dei sentieri di montagna, seguita e non preceduta dalle altre lingue riconosciute dall’Italia.

Che altro?
Suggerire.
Al Governo, alla Regione, alla Provincia, ai Comuni, agli organi di informazione.

L’obiettivo principale di un Governo resta sempre evitare che una parte del territorio nazionale naturale venga sottoposto alla dominazione, o al predominio di qualsivoglia natura, di una nazione straniera.
Non si tratta soltanto di un obiettivo arroccato su questioni ideali, che contemplano cioè la disponibilità al sacrificio personale pur di raggiungere uno nobile scopo, ma anche di una lotta molto concreta, strategica, per  i posti di lavoro, che si creano sulla terra e non per aria.
Una lotta, continua, che interessa i nostri figli, i nostri parenti meno prossimi, gli amici, tutti gli italiani, visto che quando i Governi nazionali perdono la terra di casa nostra, ci costringono a cercarla altrove, ad emigrare.
Mentre i loro esponenti restano in Patria continuando spudoratamente a cianciare della mancanza di posti di lavoro.

                                                                                                   Claudio Susmel

La Corsica, l’albero del pane e Pasquale Paoli

Tornano le castagne in Italia
ma non la Castagniccia

A novembre tornano le castagne.
Tornano anche in Corsica, la Regione centrale dell’Arcipelago occidentale italiano, dalle cui coste si vedono a occhio nudo la Sardegna che dista appena 12 chilometri, Capraia che è a meno di trenta e l’Elba a circa cinquanta.
Non si vede la Francia perché è lontana, a più di 150 chilometri.

La Corsica ha foreste di pini, faggi, betulle e querce, ma è il castagno, piantato costantemente dalla Repubblica marinara di Genova tra il XIII e il XVIII secolo, l’albero simbolo della Corsica; il castagno, che veniva chiamato l’albero del pane, perché con le sue radici dava legna per i caminetti, col fusto legna per la falegnameria e la carpenteria, e con i frutti farina per il pane.
Poi anche a Genova prevalsero miopia regionalistica e imprudenza, di cui approfittò la Francia per subentrarle con manovre diplomatiche e militari in Corsica, che ancora oggi occupa, presidiando i porti di Bonifacio, Ajaccio, Calvi e Bastia, situati in posizione strategica per il controllo del Tirreno settentrionale.
La lotta contro gli invasori transalpini per l’indipendenza della Corsica venne condotta da Pasquale Paoli, nato a Morosaglia, nella Castagniccia (territorio dal nome di chiarissima provenienza); ma il 9 maggio del 1769, a Ponte Nuovo, i soldati di Paoli vennero sconfitti dai transalpini di Francia. Ancora una volta nella storia d’Italia, una sua regione, in questo caso la Corsica, viene occupata da una potenza straniera a causa della sua aspirazione ad una indipendenza pseudo nazionale, invece che ad una efficiente autonomia regionale nell’ambito del condominio geografico nazionale italiano.

E così a novembre tornano le castagne in Italia, ma non la Castagniccia.
Non ancora.

                                Claudio Susmel