30 ottobre 1918

Fiume proclama l’annessione all’Italia

La città geograficamente italiana di Fiume (Venezia Giulia), situata a ovest del Monte Nevoso, prende il mare sul Golfo del Quarnaro, che abbraccia le isole di Cherso, Lussino, Veglia, Pervicchio ed altre ancora.

Lunga la storia di Fiume, e codificata la sua autonomia nell’ambito dell’Impero austroungarico (Corpus Separatum).
Uno dei suoi capitoli più recenti la inquadra nella Prima Guerra Mondiale (1914/1918), che vede coinvolta l’Italia dal 1915 (Quinta Guerra d’Indipendenza Italiana). Sentita prossima la fine del conflitto, il Consiglio Nazionale Italiano della Città, senza aspettare le decisioni più o meno corali degli Alleati circa la sua sorte, propugna l’annessione all’Italia con il proclama di autodeterminazione del 30 ottobre 1918: Il Consiglio Nazionale Italiano di Fiume, radunatosi quest’oggi in seduta plenaria, dichiara che in forza di quel diritto per cui tutti i popoli sono sorti a indipendenza nazionale e libertà, la città di Fiume, la quale finora era un corpo separato costituente un comune nazionale italiano, pretende anche per sé il diritto di autodecisione delle genti. Basandosi su tale diritto il Consiglio Nazionale proclama Fiume unita alla sua Madrepatria l’Italia. Il Consiglio Nazionale Italiano considera provvisorio lo stato di cose subentrato addì 29 ottobre 1918 [ingresso in città di truppe serbo – croato – slovene], mette il suo deciso sotto la protezione dell’America, madre di libertà e della democrazia universale e ne attende la sanzione dal congresso della pace. Lo stato giuridico – politico di Fiume discusso nelle trattative di pace,  si determinò il 27 gennaio 1924 con la sua annessione all’Italia vittoriosa della Prima Guerra Mondiale.
Al termine della Seconda Guerra Mondiale, il Trattato di Pace del 10 febbraio 1947 impose all’Italia sconfitta la cessione della Città alla Jugoslavia.
I confini nazionali attuali, indeboliti ma ancora esistenti benché inglobati nella Comunità Europea, asserviscono ancora Fiume alla Croazia, che ne comprime il carattere autonomistico, negandole così quell’amore che qualsiasi madre(patria) prova naturalmente per i suoi figli. La Croazia le nega infatti quel bilinguismo perfetto croato – italiano, che le dovrebbe concedere anche una nazione matrigna se fosse politicamente lungimirante, se non altro per ottenere alla propria etnia slava l’iscrizione nel registro storico della Città come comunità autoctona e civile e non come nomade barbara tribù, straniera e intrusa.

Dicono da sempre i fiumani: Nihil de nobis sine nobis (nulla si decida di noi senza il nostro consenso).
I loro discendenti non sono meno testardi.                                                                                                                                

                                                                    Claudio Susmel

A Kobane i curdi combattono per l’Europa, la Turchia no

La guerra contro l’Isis in Asia Minore

La Turchia non fa parte della Comunità Europea.
Per fortuna, anche perché sta permettendo all’Isis di massacrare i curdi a Kobane (Siria), pochi chilometri al di là dei propri confini.
Massacro che permette per paura che si rafforzino i legami tra i curdi che vivono in Siria e quelli che vivono dentro i suoi confini.

L’appartenenza geografica a un continente piuttosto che a un altro deve pur contare per stabilire i confini di una Federazione Europea grande e complessa come quella che progressivamente, faticosamente, e in certi momenti stancamente, sta nascendo a ovest dei Monti Urali, a nord ovest dell’Asia Minore.
Ma se pure la Turchia, che ha una parte minima del suo territorio in Europa  (al di qua del Bosforo, del Mar di Marmara e dei Dardanelli),  fosse geograficamente europea per intero, basterebbe pensare al cinismo con cui viene trattata la popolazione di Kobane e al trattamento riservato alle minoranze curde presenti sul suo territorio per rigettare qualsiasi progetto di inclusione, a qualsiasi titolo, nella Comunità Europea.
Il popolo curdo invece, che non ha alcun insediamento di rilievo sul territorio fisico europeo, combattendo a terra contro gli orrori dell’Isis (decapitazioni pubbliche ampiamente documentate dai media e quant’altro), sta realmente difendendo oltre che sé stesso anche la Comunità Europea e l’intero Pianeta, pur non avendo un territorio statuale proprio.

Perché dunque la Comunità Europea dovrebbe aprirsi a chi combatte solo per sé stesso, e non  progettare invece una qualche forma di entità politica con basi territoriali per chi concorre a difendere con la vita dei propri cittadini la sua sicurezza?

Claudio Susmel