La El Alamein degli inglesi

Manca la benzina governo myopic

Nemesis

Nel 1942, durante la Seconda Guerra Mondiale, a El Alamein mancò la fortuna non il valore; agli italiani non agli inglesi.
E mancò la benzina; agli italiani, non agli inglesi che nel Mediterraneo centrale attaccavano i convogli italiani diretti in Libia.
Gli italiani avevano il deserto tra sé e le loro basi d’appoggio libiche. Gli inglesi erano più vicini alle loro basi d’appoggio egiziane; avevano studiato bene il terreno e la logistica per la battaglia decisiva. Eredi di quegli esploratori inglesi dell’Ottocento famosi per lo studio della geografia, prudentemente anteposto a quelle spedizioni militari che li condussero ad amministrare un buon sesto, se non di più, delle terre emerse.
La loro storia forzò abbondantemente le leggi della geografia, tracimando dalle loro isole del Nord Europa per tutto il globo, ma non le ignorò.

Nel 2021, durante la Seconda Guerra Mondiale Covid, nel Canale della Manica l’U – Boot Brexit con le sue leggi isolazioniste affonda i convogli di camions che trasportano la benzina nel Regno Unito; sarà più difficile che gli Stati Uniti risolvano i problemi britannici di approvigionamento  con il loro aiuto: un conto è darlo per quattro anni di guerra e per difendere i propri interessi americani, un conto è darlo a vita per difendere un isola europea situata alla periferia del Wasp Empire.
Sembra che gli attuali esploratori politici inglesi – non britannici, visto che gli scozzesi vogliono tornare nell’Unione Europea – non abbiano studiato bene la geografia fisica e quella sociologica dell’Europa d’oggi e delle nuove aree politico militari mondiali; sembra non si siano accorti che l’Impero ha spostato la sua capitale a Washington.
La Storia inglese attuale recalcitra, non vuole ubbidire alla Geografia d’Europa, della Terra.

La rivoluzione istituzionale e politica all’interno del Regno Unito non è più improbabile.

"Servizio obbligatorio di leva civile in Italia" Claudio Susmel

Centosessantesimo anniversario dell’Unità d’Italia Incompleta
1861 -2021
Memoria Patriae prima vis

Niente di nuovo sul fronte franco statunitense

U.S.A. e getta l’alleata Francia
Gallia omnia divisa non est in partes tres
sed parvula in vinculis

Settembre 2021

Ed eccoci di nuovo vilipesi e derisi.

Fine 1700.
Le colonie americane conquistano l’indipendenza dalle Isole Britanniche, con l’aiuto della Francia che però non scalzerà gli ex dominatori anglofoni dal grado di interlocutori principali dei costituiti Stati Uniti d’America.

1917.
Gli Stati Uniti intervengono nella Prima Guerra Mondiale in soccorso dell’Intesa, che vincerà.
Clemenceaux si lamenterà per non aver raggiunto la sicurezza dei confini della Francia nei confronti della Germania e per l’esosità statunitense nelle trattative di restituzione dei prestiti di guerra erogati alla nazione da lui guidata, non capendo che gli Stati uniti erano intervenuti per difendere il proprio antemurale costituito dalle Isole Britanniche, salvo il consueto divide et impera riservato alla penisola europea.

1941.
Gli Stati Uniti dopo aver aiutato in tanti modi le Isole Britanniche nella loro Seconda Guerra Mondiale contro la Germania, a seguito dell’attacco giapponese entrano nel conflitto al suo fianco e lo vincono.
La Francia viene ripristinata nei suoi confini ma non è convocata a Yalta dove viene deciso il nuovo assetto d’Europa. Vincere una guerra per procura confonde le idee; così è capitato a De Gaulle, che con posticci lauri inghirlandato vittorioso nel dopoguerra dai britannico statunitensi, ha ritardato per anni la costituzione della Difesa Europea Comune, aspirando a primario ruolo sullo scenario planetario, mentre la “capitale” dell’Occidente si era ormai spostata da Londra a Washington.

Oggi.
Le Isole Britanniche escono dalla Unione Europea e nonostante le prevedibili difficoltà economiche entrano a pieno titolo nel Wasp Empire (Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Isole Britanniche). Ora l’Unione Europea ha ai suoi confini un mastino reso furioso dal passato storico perduto, e umiliato dalla catena statunitense stretta intorno al collo.
La Francia di Macron si oppone all’acquisto dei cantieri Atlantique da parte dell’italiana Fincantieri e tenta maldestri bilaterali con la Germania, ancora una volta non capendo che 27 microbi non fanno una nazione; l’Europa non ha infatti, se divisa, che poca parte del territorio della Russia, del denaro degli Stati Uniti, della popolazione della Cina.
Macron si indigna per i sommergibili che l’Australia ha acquistato dagli Stati Uniti in sostituzione dei francesi, dimenticando che non molto tempo fa navi britanniche ancora in fase progettuale sono state preferite dalla stessa Australia a quelle ottimamente operative dell’Italia: continua a ragionare in termini lillipuziani ormai patetici e commette la sciocchezza di richiamare gli ambasciatori da Camberra e da Washington.

De iure condendo.
La Francia ricordi l’azione di decentramento politico che nell’Ottocento realizzò il “Vecchio Piemonte”  nel resto d’Italia dopo raggiunta l’unità, seppure incompleta.
La Francia abdichi al suo seggio all’ONU in favore della Comunità Europea.
La Francia condivida tutto l’armamentario nucleare affidandolo ai più capaci come ha iniziato a fare il Wasp Empire.
La Francia rinunci a tentare d’imporre la sua lingua agli altri stati e l’inglese sia adottato come lingua federale per la comunicazione militare e politica col resto del Pianeta.
Il latino sia studiato obbligatoriamente nelle scuole secondarie per ricostituire robuste radici comuni.
La conoscenza della propria lingua nazionale insieme a più lingue europee costituisca titolo concorsuale preferenziale per tutte le cariche pubbliche della Comunità Europea.
Quota parte fondamentale del bilancio europeo sia impiegata per la Difesa e la Lingua comuni.

La Francia cerchi di capire in fretta se vuole essere Giovanna d’Arco al centro della comune indilazionabile Federazione Europea o baldracca alla periferia del Wasp Empire,

Servizio obbligatorio di leva civile in Italia      Claudio Susmel

Centosessantesimo anniversario dell’Unità d’Italia Incompleta
1861 – 2021
Memoria Patriae prima vis

Il Referendum tra Casa Savoia e Famiglia Mattarella

Quel 2 giugno ‘46
Corona semper nullius

Giugno 2021

Caldo afoso in questo giugno 2021 con un dopo guerra Covid in corso; oltre centomila morti in Italia, famiglie mutilate, malattie non curate, disoccupati, fame.
Proclami.
Speranze.

Chi sa quante cose l’afa e la paura mi hanno fatto dimenticare di quanto ho letto in Quel 2 giugno ’46 del meticolosissimo storico Aldo Alessandro Mola.
Se fossi andato al mare avrei scansato l’afa giocando col mandare sott’acqua le boe e lasciandole poi riemergere.
E come boe dall’afa in servizio permanente effettivo nel cervello, emergono alcuni particolari circa la vita e i voti di quel Referendum che chiese agli italiani di scegliere tra Monarchia e Repubblica, in un 1946 afoso per sconfitte militari e civili.
La matita: quante volte se ne è fatto uso nel compilare stampati, redigere verbali, computare voti?; il segno della matita è poco propenso a rendere testimonianze durature e intangibili come quelle che esige la Storia.
Lo spago: quanti pacchi ha annodato?; quante mani hanno sciolto dai nodi testimonianze sgradite?
I votanti: quanti non sono andati a votare?; quanti italiani di Trieste, Pirano, Rovigno, Pola, Fiume, Zara non hanno potuto votare?; quanti non hanno ricevuto il documento utile per votare?; quanti erano prigionieri dei cobelligeranti occupanti?; quanti voti nulli, bianchi, annullati, dubbi, e per questo non conteggiati tra i votanti realizzandosi così un colpo di stato ai danni della semantica?
La Corte di Cassazione: perché non si è atteso il suo verdetto sul riconteggio dei voti per proclamare la vittoria di questa o quella forma istituzionale?; davvero l’Italia saccheggiata, torturata, stuprata, bombardata da oi barbaroi venuti dal nord e dal sud, non avrebbe potuto aspettare qualche giorno in più invece di procedere all’irrituale sentenza del 13 giugno 1946 a favore della Repubblica?; timore che la maggioranza necessaria per una proclamazione legittima non fosse stata raggiunta?

In un giorno d’estate d’un giugno di pace sarei al mare senza mascherina antivirus, all’azzurro allegro mare d’Italia.
Verso l’oceano con malinconica battigia portoghese si diresse invece Umberto II di Savoia il 13 giugno di dopoguerra del 1946, dopo aver conquistato più di dieci milioni di voti alla Monarchia; avendo rischiato la sua vita combattendo per aria e  per terra durante la Guerra 1943 – 1945, e così conducendosi avendo ricordato suo padre Vittorio Emanuele III al fronte orientale durante la Quinta Guerra Italiana d’Indipendenza contro gli austro slavi (1915- 1918) e le cariche a cavallo del suo bisnonno Vittorio Emanuele II al fronte dell’ancora irredenta Lombardia durante la Seconda Guerra Italiana d’Indipendenza (1859 – 1860) contro gli austro slavi.
Non bastarono gli atti d’eroismo personali né la rievocazione di tutti quelli della Casa: vinse la Repubblica con circa 2.000.000 di voti di scarto; erano forse meno?
Mola mette l’accenno sulle tante  situazioni a sfavore di Umberto: giornali avversi, faziosità, cobelligeranti occupanti statunitensi, brogli diffusi. Gli è caro soprattutto in questo libro e in molti altri scritti il termine “solo “: Umberto II è solo come Vittorio Emanuele III nel 1922, nel 1940, nel 1943; V.E. III sì, perché il Referendum è sul suo operato che si pronunciò più che su quello di Umberto.

Ed ora che faccio, mentre si susseguono i bollettini di questo dopoguerra 2021, una ulteriore analisi, minuta, delle 591 pagine dei due volumi distribuiti  da “Il Giornale”?; cominciando dal Patto di Londra dell’aprile 1915 – qui Mola fa una smorfia: non è un patto, è un arrangement – fino al Governo di Coalizione del 1922 presieduto da Mussolini? No.
Confesso però un debito nei confronti di questo ragazzo settantottenne di Cuneo che con la sua infaticabile vanga prova rimuovere le falsità buttate addosso ai suoi Re. Per anni, prima di approfondire gli studi sul periodo 1915 – 1924, ho colto la partecipazione di questo o quel futuro afascista o antifascista  al governo di Mussolini del primo quarto del ‘900: De Gasperi, Giolitti, Gronchi, Vittorio Emanuele Orlando e altri ancora, ma gli scritti del giornalista e Direttore scientifico dell’Associazione di Studi Storici Giovanni Giolitti mi hanno aiutato a inquadrare meglio il tutto, mettendo bene in evidenza che le partecipazioni di questo o quel rinomato personaggio democraticissimo ante e/o post fascismo non furono episodiche ma burrascosa concatenata sequenza di attive partecipazioni a un periodo di transizione da democrazia parlamentare a democrazia a sovranità limitata e poi a dittatura.

V.E. III non firma lo Stato d’Assedio che avrebbe spazzato via in ore le male armate squadre di Mussolini, ma a giudicare dagli eventi successivi non fu il solo responsabile della nomina a Presidente del Consiglio del capo di una minoranza, anche se sedizioso non c’era solo lui in quel 1922; Mola denuncia la mancata firma, ma sottolinea che a Roma c’è lui e non altri a decidere: è “solo”. Scriverà anche che firmerà il decreto che varerà le leggi razziali, ma rimarcherà le sue titubanze a farlo, il volerle mitigare, ma è “solo”. Ricorda che non impedirà l’ingresso in guerra dell’Italia nel 1940, ma perché pensava che sarebbe durata pochissimo.
Insomma l’italiano del Piemonte Mola ce la mette tutta a non tradire la Storia, ma risulta evidente che nella sua vita precedente era quel ragazzo cui il padre diede da stringere la mano ancora calda per quella che il Re gli aveva dato poco prima; ricordate l’episodio nel libro “Cuore”?
Mola avrebbe potuto scrivere di più sul fatto che V. E. III divenne cugino di Mussolini avendogli concesso il Collare dell’Annunziata per l’annessione della più parte del territorio dello Stato di Fiume all’Italia?, che accettò la Corona imperiale d’Etiopia nel 1936?, che accettò la Corona reale d’Albania nel1939?, che visitò la casa natale di Mussolini, per altro omaggiato da mezzo Pianeta incluso il lacunosissimo memorialista già Primo Ministro britannico W.C. articolista retribuito del giornale del regime fascista “Il popolo d’Italia”?

Carlo Alberto abdicò subito dopo la sconfitta militare subita contro l’Austro Slavia nel 1848 e la Monarchia rimase, V.E. III abdicò due anni e otto mesi dopo la sconfitta subita contro i russo britannico statunitensi con codazzo di camerieri vari e la Monarchia passò; certo bisogna giudicare gli avvenimenti storici con la mentalità il sentimento e l’afa post bellica del momento, ma due anni e otto mesi sono da ritenersi in ogni caso troppi per non dover pagare dazio.
Umberto II di Savoia comunque, al pari del suo bisnonno V.E. II, sollevò la spada da terra e combatté facendo molto da Re in Patria, moltissimo da Re lontano dalla Patria: decenni senza una parola faziosa.
Oggi?

Mola sostiene, citando Regie Patenti, legge salica, tradizione, Casa, lettere di Umberto a suo figlio Vittorio Emanuele e quant’altro, che sono gli Aosta i successori legittimi di Umberto e non suo figlio Vittorio Emanuele o suo nipote Emanuele Filiberto.
Quand’anche invece di leggere e scrivere in questo arroventato giugno dell’Arcipelago sardo corso toscano stessi scrivendo nel mite inverno della marina e prealpina liburnica città di Fiume non oserei discutere di Regie Patenti col Presidente della Consulta dei Senatori del Regno: sì sempre Mola, è un sacco di cose il preside emerito, professore di storia e filosofia Mola.
Da laureato in giurisprudenza fuori corso mi rifugio nella costituzione materiale – quella stessa che fece vincere la Repubblica nel 1946 – e mi faccio alcune domande: che fa Emanuele Filiberto Savoia?, continua a raccattare denaro negli Stati Uniti, in compagnia di Harry Windsor? Sua figlia Vittoria si fa strada nel marketing a Parigi? E Aimone Aosta?
Forse voglio che scoppi una guerra per riconoscere medaglie e regalità? No. Non la vuole nessuno. Però è scoppiata lo stesso.
La Prima Guerra Mondiale Covid  (2020), e la Seconda Guerra Mondiale Covid (2021) hanno preso oltre 130.000 vite all’Italia; migliaia i medici e gli infermieri morti al fronte, in ospedali e altrove.
Dove erano i Savoia, dove erano gli Aosta?
Umberto II redivivo, ultimo, al momento, Re d’Italia, da buon soldato Savoia avrebbe preso Regie Patenti e quant’altro e le avrebbe scaraventate via, assegnando insegne, sigillo riesumato, e corona, al suo congiunto soldato, di Savoia, d’Aosta o di Genova.
O a un affine di Sicilia?

La Corona, turrita o gemmata, è sempre res nullius, si calza su testa, cuore, braccia e gambe della sua misura; chi la vuole calzare, soprattutto in guerra, deve rischiare il proprio sangue.
Oggi la Repubblica Italiana non è retta da un consanguineo della millenaria Casa Savoia – come un tempo la Bulgaria di Simeone – ma da un membro della secolare Famiglia Mattarella, quella di Piersanti caduto per la Patria in guerra, quella di Sergio preannunciatosi non ricandidabile alla presidenza della Patria in pace. Per questo la Famiglia Mattarella presiede. Perché, fino a prova contraria, ha rispettato l’eterna multi istituzionale regola del “Io ho quel che ho donato” di Giovanni Bosco, che non pare fosse proprio savoiardo di sentimenti, ma incrementò la gloria di quel “Vecchio Piemonte” così caro a chi ama l’Italia da esso unita, e da Giovanni Bosco conclamata generosa oltre che forte.
“Vecchio Piemonte” che però vogliamo anche giovane.
Giovane come il volto sorridente che emerge dalla memoria, ora che è quasi sera e si respira un poco, il volto di una crocerossina principessa vivente, Aosta?
Professor Mola sia più preciso dell’articolista: chi è quella crocerossina?

Concludo con un poco di stupore perché il monarchico Mola non impagina in questo libro il risalto dovuto al primato di Vittorio Emanuele III, quello di avere raggiunto nel 1924 la più estesa unificazione dell’Italia geografica mai conseguita né prima né dopo di lui, coronando così il Primo Risorgimento Italiano, quello monarchico; pudore perché il risultato lo raggiunse col Governo Mussolini? Non può essere questo il motivo, perché in tanti convegni e scritti ha invitato ad illustrare compiutamente il Re di Vittorio Veneto.
Se già l’Italia è stata danneggiata gravemente dalla faccia triste delle due che ha Giano bifronte,  interpretata nel corso del 1900 da Vittorio Emanuele III, Mussolini, Vittorio Emanuele Orlando e da tanti altri, è meglio non stancarsi mai di ricordare a dovere quella sorridente delle due che ha Giano bifronte, di Fiume e dei Patti Lateranensi, interpretata nel corso del 1900 da Vittorio Emanuele III, Mussolini, Vittorio Emanuele Orlando e da tanti altri;ci pensano a sufficienza i torbidi nemici dell’unità e della prosperità d’Italia, falsari interessati della Storia, ad offuscare le nostre glorie di guerra e di pace.

Ci serve ricordarle con affettuosa insistenza le annessioni del 1918 – 1924, perché c’è ancora tanto lavoro da fare. Col Trattato di pace del 1947 abbiamo perso la metà circa delle Province liberate e annesse con i Trattati di Saint Germain, Rapallo, Roma.
L’ottobre del 1954 vide la restituzione all’Italia della Zona A del mai costituitosi Territorio Libero di Trieste dando inizio al Secondo Risorgimento Italiano, quello repubblicano, proseguito col Trattato di Osimo del 1975 ratificato nel 1977, che sancì con valenza giuridica internazionale l’appartenenza della Zona A all’Italia e la restituzione delle sacche del Colovrat e del Sabotino occupate dagli slavi jugo in spregio al TP47.
Mancano ancora all’appello dell’unità politica d’Italia i territori geograficamente italiani dei versanti orientali dei valichi alpini con la Francia, la Corsica, il Sempione, il Canton dei Grigioni, il Canton Ticino, la Venezia Giulia orientale fino al displuvio alpino dal Tricorno al Nevoso, l’Arcipelago di Pelagosa, e altro ancora.
Per completare l’unità d’Italia occorre anche la collaborazione del patriota monarchico Aldo Alessandro Mola; servendo la Repubblica non vorrà essere da meno del repubblicano in camicia rossa Giuseppe Garibaldi che servì il Regno.
Il “Vecchio Giovane Piemonte” attende che tutti i suoi figli facciano il loro dovere per l’unica madre Italia.

P. S.
Mola scrive bene.
La casa editrice produce stampa leggibile agevolmente, con un interessante impianto iconografico anche se stranamente mancante proprio della scheda elettorale del Referendum.
Di seguito a questa recensione un bozzetto, pubblicato da OBLO’ nel 2016, sulla antica cortesia che la trimillenaria Italia non ha mai smesso di amare.

 Servizio obbligatorio di leva civile in Italia”   Claudio Susmel

Centosessantesimo anniversario dell’Unità d’Italia Incompleta
1861 – 2021
Memoria Patriae prima vis