Covid – 19. Il Papa celebrerà in latino a Santa Marta?

Una Messa per Don Camillo
Venator animarum

25 aprile 2020, ore 07,00

Il Papa Francesco I celebra Messa a Santa Marta alle sette del mattino (1).
Semplice, diretto, colto.

Non deflette: il 25 aprile è la festa di San Marco; le ideologie passano, il Signore è sempre con chi offre la Fede.
Esorta a usare poche parole, a testimoniarla la Fede, evitando l’eresia agnostica se si vuole essere missionari; non solo in Africa.
Paolo VI disse a suo tempo che non abbiamo bisogno di maestri ma di esempi:
il succo della faccenda, nel Calice, è lo stesso.
Ogni mattina, all’inizio della celebrazione, esorta a pregare per questa o quella categoria individuata quale meritevole di soccorso ultraterreno e umano.

Pio XI proclamò S. Giovanni Bosco venator animarum, cacciatore d’anime.
Di tutte le anime.
Anche di quella di Don Camillo quindi.
Una Messa in latino, col celebrante rivolto all’altare.
Non costituirebbe reato: il più diffuso rito col celebrante rivolto ai fedeli non ha sostituito quello tradizionale, lo ha affiancato.
Se c’è poi un Sacerdote che può celebrare quel rito è proprio Papa Francesco: nessuno lo accuserà di essere reazionario.
Una Messa per quel pretone guareschiano – contribuì a rendere Giovannino Guareschi lo scrittore italiano più letto al modo per vent’anni – che rappresenta non solo una antica tradizione di colori e ambientazioni e movimenti cari a tanti fedeli non adolescenti per giunta costretti dal Covid – 19 ai domiciliari.
Fedeli che non si sono ribellati alle “novità” della Chiesa pur non prediligendole.
Fedeli che amano un rito che fa visualizzare la raccomandazione di essere discepoli di Dio, non del popolo che va servito non ubbidito.
Fedeli che non sono sicuri che le lingue dei cosiddetti vivi trasmettano la Fede e l’autorità centrale della Chiesa meglio del latino, la lingua dei cosiddetti morti.
Insomma una Messa per Don Camillo e per tutti i suoi chierichetti.

Bah!
La celebrerà?
A Santa Marta?
Con profumo di latino e digiuno prima della Comunione?
Mah!

(1) – Diretta quotidiana su Rai 1.

 “Servizio obbligatorio di leva civile in Italia”   Claudio Susmel

Il Trattato di Rapallo istituzionalizza lo Stato libero di Fiume
confinante con l’Italia
1920 – 2020
Memoria Patriae prima vis

La liberazione di Guareschi e l’occupazione jugoslava di Fiume

Il 25 aprile si festeggia la Liberazione in Italia
ma non in tutta Italia
Libertas usque ad Flumen Sancti Viti

Il 25 aprile si festeggia la Liberazione in Italia, ma non in tutta Italia.
Non a Fiume, che il 3 maggio 1945 vide le truppe jugoslave e non l’Esercito Italiano subentrare alle truppe  tedesche.
C’è chi attende per partecipare alla festa della Liberazione dall’occupazione tedesca, il giorno in cui la città di suo padre verrà liberata dall’occupazione croata succeduta a quella jugoslava.
Però perché chiudersi tra le mura municipali di famiglia dimenticando la liberazione di un grande italiano, specie nel giorno del suo compleanno?

Il 1° maggio 1908 nasceva Giovannino Guareschi, inventore di Don Camillo e Peppone, per anni lo scrittore italiano più letto al mondo.
Preso prigioniero dai tedeschi dopo l’annuncio dell’armistizio dell’Italia con gli Alleati dato l’8 settembre 1943, viene rinchiuso in un lager. Con raccontini, canzoni, una fisarmonica e coristi di peso molto leggero, legge nelle baracche dei lager di Beniaminovo, Czestochowa e Sandbostel il giornale “Bertoldo chiacchierato e sonorizzato. Edizione per gli italiani all’estero”.
Da quel giornale nascerà il libro “Diario Clandestino”, il canto libero di un umorista affamato. Un canto fiabesco per non arrendersi alla fame. Un canto tenero per il figlio cui scrive così del cartello numerato messogli addosso dai carcerieri: … fa il bravo a scuola, e impara a contare fino al numero 6865. Che poi sono io , tuo padre … . Un canto affettuoso per la moglie: La signora 3432 virgola 5 (io sono infatti il numero 6865 ed essa è la mia metà). Un canto d’amore per la Patria,  che descrive la dignità dell’ufficiale quando … davanti alla sua baracca, esegue flessioni, torsioni, piegamenti. Un canto dignitoso contro la meschinità del capitano francese che  dice: Ca  n’èst pas honnete! a un italiano perché non ha dato il pane pattuito per le  sigarette ricevute … ma non è neppure onesto che uno ben vestito, gonfio di roba ricevuta a bracciate dalla Croce Rossa Internazionale e dalla Francia di Petain, con cinque delle “Camel” che l’America manda a tutti i prigionieri che le interessano … privi della sua razione di pane uno straccione che nessuno ha mai assistito, che da diciotto mesi soffre una fame rabbiosa e che cerca una sigaretta per dimenticare qualche istante la sua fame, la sua miseria, i suoi dolori e la sua mortale nostalgia. Ca n’est pas honnete, monsieur!
La qualifica di Internato Militare Italiano, attribuita a chi aveva rifiutato di aderire alla Repubblica Sociale Italiana, non riconosceva il diritto all’assistenza della Croce Rossa Internazionale a Guareschi e a quel prigioniero di cui prese le difese, così come a tutti i prigionieri italiani della Germania, ma  … Non abbiamo vissuto come bruti: costruimmo noi, con niente, la Città Democratica … Io sono ancora il democratico di allora … e sul nostro lager non direi parola che non fosse approvata da quelli del Lager. Da quelli vivi e da quelli morti … Comunque il libro è qui … Se non va bene, vuol dire che la prossima prigionia farò meglio.
Giovannino Guareschi verrà liberato il 16 aprile del 1945.

C’è chi attende per partecipare alla festa della Liberazione dall’occupazione tedesca, il giorno in cui la città di suo padre verrà liberata dall’occupazione croata succeduta a quella jugoslava.
Però perché chiudersi tra le mura municipali di famiglia  dimenticando la liberazione di un grande italiano, specie nel giorno del suo compleanno?

"Servizio obbligatorio di leva civile in Italia" Claudio Susmel

Covid – 19. Il Reddito di Robinson

Al posto del reddito di cittadinanza
Hic et nunc

20 aprile 2020

Il “Reddito di Robinson” al posto del “Reddito di cittadinanza”, da impiegarsi in vari settori.

La preparazione psicologica per affrontarlo senza traumi troverebbe un valido supporto nella lettura – integrale per gli ultra diciottenni – del libro sul marinaio Robinson Crusoè e sull’economia primitiva di sopravvivenza da lui sviluppata su un’isola deserta dopo il naufragio della nave sulla quale viaggiava.
La sventura lo arruolò solitario nel servizio di leva civile: avendo deciso di continuare a vivere imparò a fare i lavori più diversi e più umili con le poche risorse messe a disposizione dal relitto della sua nave.
La sventura ci arruola tutti oggi collettivamente nel servizio di leva civile obbligatorio, pronti a essere impiegati in qualsiasi umile lavoro in qualsiasi Comune d’Italia, per poter ricevere sovvenzioni nazionali ed internazionali – i nostri quasi relitti in disastrosa navigazione politica ed economica – senza perdere la nostra dignità e credibilità.
Ciarlatani di varia estrazione partitica chiedono invece sempre più risorse che distribuiscono sempre più gratuitamente, conducendoci verso una schiavitù certa e non lontana, dovendo prima o poi rispondere dei nostri debiti.

Il “Reddito di Robinson” al posto del “Reddito di cittadinanza”, da impiegarsi in vari settori.

Per esempio.
Il Covid – 19 ha spinto molti immigrati a tornare nella loro patria.
L’urgenza della raccolta ortofrutticola in varie Regioni d’Italia chiama a raccolta migliaia di lavoratori.
Disoccupati provenienti da vari settori si sono proposti ad aziende agricole senza avere, ovviamente, la necessaria preparazione.
Ecco che subito si parla di un permesso di soggiorno annuale provvisorio da riconoscere a 200.000 immigrati irregolari; il solito provvedimento lineare preso a tavolino senza sudare troppo.
Non sarebbe il caso di stanziare dei fondi per un avviamento professionale minimo di quei disoccupati che si sono offerti, salvo poi perfezionarne la formazione in itinere?
Non sarebbe il caso di incentivare il lavoro in campagna con il “Reddito di Robinson” che prevederebbe un compenso più vitto e alloggio?; oltre tutto favorirebbe un distanziamento sociale ben più marcato di quello ottenibile in città.
Sarebbe dura per qualsiasi politico transalpino negare sementi e zappa a un cittadino europeo d’Italia, anche perché gioverebbe indirettamente alla popolazione della sua nazione per il contenimento del virus che non viene fermato dalle Alpi così come non è stato fermato dagli Urali.
A voler ampliare il tutto si potrebbe prevedere l’assegnazione a famiglie di coloni, ormai professionalmente formati, di una fattoria – con un ettaro, con due? – dotate anche di un computer, così che multinazionali e politici nazionali possano raggiungere lo stesso i propri consumatori ed elettori senza affaticarsi troppo a cercarli borgo per borgo.

Il “Reddito di Robinson”, da proporre a tutti i destinatari del reddito di cittadinanza, cui sommare vitto e alloggio in qualsiasi Comune d’Italia.
Chi rifiuterà la zappa vorrà dire che il pane o lo ha già o lo vuole rubare.

 “Servizio obbligatorio di leva civile in Italia”   Claudio Susmel

Il Trattato di Rapallo istituzionalizza lo Stato libero di Fiume
confinante con l’Italia
1920 – 2020
Memoria Patriae prima vis