Un modello organizzativo
per l’alleanza euro statunitense
L’Italia conosce la storia della Libia. Il Regno Unito conosce la storia dell’Iraq. Gli Stati Uniti non conoscono la Libia e non conoscono l’Iraq.
L’Italia ha i mezzi per risolvere da sola l’anarchia militare e civile che squassa le istituzioni della Libia e devasta il suo territorio?
Il Regno Unito ha i mezzi per fermare da solo l’avanzata dell’Isil in Iraq?
Gli Stati Uniti hanno l’esperienza storica per capire da soli cosa fare in Libia e in Iraq?
In attesa che l’alleanza euro statunitense riesca a duplicare le sue forze ottenendo di affiancare alla federazione di stati americana quella europea, gli Stati Uniti d’America insistono nel voler guidare ogni coalizione con piani operativi semi monolitici prevalentemente militari.
La loro idea di alleanza non sembra riesca a disimpegnarsi dalla placenta del condominio linguistico con il loro 51° stato: il Regno Unito.
Formano anche delle coalizioni numerose, ma di stati conferenti spesso non più che vaghe ombreggiature di veri e propri apparati organizzativi (forze armate incluse), che per la loro stessa consistenza numerica risultano docilissimi alla politica, alla organizzazione ed al comando dell’Imperator statunitense.
E se invece dopo aver ripassato la storia e la geografia del potenziale teatro di operazioni, Patricius Obama Imperator (Stati Uniti d’America) si occupasse – per fare solo due esempi – del Mediterraneo e del Medio Oriente, avendo invitato ad essere primus inter pares tra i suoi alleati il Rex italicorum (Italia) in Libia e il Rex britannicorum (Regno Unito) in Iraq? Un modello organizzativo che chiami cioè ad assumersi maggiori oneri e onori la nazione più direttamente esperta e/o interessata dal teatro di operazioni specifico.
Ripartizione questa che non escluderebbe le altre nazioni dell’alleanza euro statunitense e altri stati dall’assunzione in via ausiliaria e subordinata di obbligazioni organizzative, e dalla riscossione di dividendi politici proporzionati alle prime.
Questo modello stimolerebbe, imporrebbe allo stato collaborante in via principale con gli Stati Uniti, di fornire all’alleanza non solo un rilevante apporto organizzativo, ma anche (con entusiasmo) quei cervelli che non sono sempre presenti in una nazione in misura proporzionata alla sua potenza militare. Di questa intellegentia, che costituisce il vero fabbisogno della nazione più potente del Pianeta – oggi come nei millenni passati – andrebbe favorita una fuga temporanea, “a progetto”, dalla periferia dell’Imperium verso il suo centro per essere poi diretta verso il territorio interessato.
Se si fosse già proceduti in questo senso, si sarebbe forse evitato quell’immane sfacelo provocato dal secondo intervento statunitense in Iraq, dove l’arrogante infantilismo di Bush Junior ha dettato le linee guida di una politica e di una guerra che hanno generato il vuoto politico in cui sguazza oggi quel terrore che speriamo non sia solo l’inizio di qualcosa che farebbe impallidire gli orrori di Auschwitz e di Hiroshima.
Claudio Susmel