Quattro nazionali di calcio non aiutano a conservare un regno unito
D’accordo, la nazione è una cosa, la nazionale di calcio un’altra.
Ma è davvero sempre così? E con i simboli come la mettiamo?
Il referendum tenutosi in Scozia per decidere se smettere o meno di valicare il Vallo di Adriano senza cambiare bandiera di appartenenza statuale, ha dato il suo esito scontato: ha vinto il no. Ma per conseguirlo, da parte dei britannici un po’ di fatica c’è stata, visto che la regina Elisabeth, il premier Cameron, banche e imprenditori di successo hanno dovuto darsi da fare per dipingere un foschissimo quadro economico e politico conseguente alla eventuale vittoria degli indipendentisti.
Sembra che Elisabeth non sia più sufficiente a conservare il regno unito, perlomeno non nella vita quotidiana; in ogni caso un altro simbolo la aiuterebbe.
Se è vero che i britannici sono maestri nella pubblicità, sapranno che una squadra di calcio che si chiama “Nazionale” è un simbolo, un marchio, un’impresa (cavalleresca o meno), che aiuta ad assimilare e tenere vivo il concetto di unità della nazione, contribuendo oggi ad allontanare dalle menti dei politici inglesi l’ansia per il secessionismo scozzese. Ecco, forse è arrivato il momento di far coincidere l’attuale entità statuale del Regno Unito con quella di una sua unica nazionale di calcio. Ciò aiuterebbe ad impedire che si svolga il processo inverso e cioè che l’attuale numero delle nazionali di calcio, quattro, finisca per coincidere nelle isole dell’Arcipelago britannico con altrettante entità statuali: Galles, Inghilterra, Irlanda del Nord, Scozia (qui indicate in rigoroso ordine alfabetico).
E noi italiani?, auspichiamo l’unione calcistica britannica per la sopravvivenza di un Regno Unito che serva da contrappeso in un’Europa a timone germanico?
Forse.
Certamente per divertirci di più quando la vedremo giocare.
Claudio Susmel
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