Revisione del Trattato di Pace del 1947/5

Le modificazioni dei confini politici italiani dal 1938 al 1977
Iniqua pacta

I confini politici prima dell’entrata dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale
I confini politici settentrionali con la Svizzera e con l’Austria (considerando l’Austria a sé stante anche se dal 1938 annessa alla Germania), erano gli stessi di quelli attuali.
I confini politici occidentali sulle Alpi con la Francia risultavano, secondo il criterio del confine naturale, più giusti di quelli attuali.
I confini politici orientali sulle Alpi e in Adriatico con la Jugoslavia, cui nell’ultimo decennio del secolo scorso sono subentrati gli stati di Slovenia e Croazia, risultavano, secondo il criterio del confine naturale, nettamente più giusti di quelli attuali (anche nel caso in cui si volessero comparare con i confini naturali d’Italia terminanti con la Depressione delle Conche).

I confini politici dopo il 1941
Nel 1941, durante la Seconda Guerra Mondiale, l’Italia procedette in più zone all’annessione indebita, anche secondo il principio del confine naturale, di diverse parti di territori della Jugoslavia, che venne smembrata a seguito della vittoria militare dell’Asse italo-tedesco.
Immaginando ora che la guerra si fosse conclusa nello stesso anno con una pace generale, che dovrebbe fare oggi un Governo Italiano che si trovasse a dover esaminare le richieste di revisione di quei confini stabiliti nel 1941 e codificati con un trattato?
Per ottenere dei giusti confini naturali tra le nazioni interessate, dovrebbe percorrere un lungo cammino in direzione ovest, con diverse tappe di revisione confinarie, fino a raggiungere lo spartiacque alpino, tenendo conto nei tempi e nelle modalità di attuazione delle varie fasi di revisione confinaria, degli stati d’animo della popolazione italiana, specie confinaria, e della politica nazionale e internazionale; innanzi tutto risolvendo le ingiustizie più evidenti con, per esempio, la immediata concessione di indipendenza a Lubiana, la capitale della Slovenia, la cui annessione all’Italia, 3 maggio 1941, risulta particolarmente ripugnante sotto qualsiasi aspetto la si consideri.

I confini politici dopo il Trattato di Pace del 1947
Col TP47 l’Italia venne ridotta ai confini attuali, meno la “Zona A” di quel Territorio Libero di Trieste istituito sulla carta dal TP47 con gli articoli 4, 21, 22; T. L. T. che comprendeva la “Zona A” e la “Zona B”, con Trieste, Capodistria, Pirano, Umago, Cittanova, salvo successive modifiche minime.
Per quanto riguarda i propositi diplomatici limitati al riacquisto della “Zona B” del T. L. T., sarà utile ricordarsi e ricordare alle nazioni interessate quella Dichiarazione Tripartita del 20 marzo 1948, con la quale i governi statunitensi, inglesi e francesi chiesero la restituzione dell’intero T. L. T. all’Italia. La loro richiesta fu platealmente manifestata nell’imminenza delle elezioni politiche italiane dello stesso anno e stante la paura di un’avanzata russa in Occidente (1). Platealità che si sarebbe poi affievolita per compiacere il dittatore jugoslavo Tito, al fine di tenerlo lontano dall’Unione Sovietica; quando la situazione politica internazionale cambia, cambiano anche in tutto o in parte i rapporti bilaterali tra le nazioni, e a quanto pare anche quelli quadrilaterali. La Jugoslavia respinse la richiesta di restituzione del T. L. T. .
La mutevolezza dei rapporti internazionali del passato non deve necessariamente essere inferiore a quella futura, interroghiamoci quindi quotidianamente sulle possibilità reali di riacquistare i territori istriani compresi nella ex “Zona B” del T. L. T., senza compromettere l’esistenza dell’intera Nazione con azioni velleitarie o con una pace rinunciataria.

I confini politici dopo il 1954
Col Memorandum di Londra del 1954, la “Zona A”, salvo un’ulteriore ridefinizione del suo confine meridionale a vantaggio della “Zona B”, veniva assegnata all’amministrazione italiana, non alla sua sovranità. La divisione tra le due zone fu chiamata nel Memorandum di Londra linea di demarcazione e non confine (2).
Il 5 ottobre 1954 il Regno Unito, gli Stati Uniti, l’Italia e la Jugoslavia firmano a Londra il Memorandum: ”… in vista del fatto che è stata constatata l’impossibilità di tradurre in atto le clausole del Trattato di Pace con l’Italia relative al Territorio Libero di Trieste, gli angloamericani si ritirano. I governi italiano e jugoslavo estenderanno immediatamente la loro amministrazione civile sulla zona per la quale avranno responsabilità
Il riacquisto politico amministrativo della “Zona A” si effettuò il 26 ottobre del 1954, con l’ingresso delle truppe italiane e la fuoriuscita di quelle anglo americane; per “sentire” il tempo e i luoghi si suggerisce al lettore di guardare sul web o altrove le foto dell’ingresso dei Bersaglieri a Trieste.
E a proposito della riconquista amministrativa della “Zona A” del 1954 si ricordi che l’art.74 del TP47 stabiliva una scadenza di sette anni, il 1954 quindi, per il pagamento delle riparazioni di guerra a Unione Sovietica, Albania, Etiopia, Grecia e Jugoslavia. E sempre a proposito della stessa riconquista amministrativa si ricordi anche che l’ingresso delle truppe italiane a Trieste – il 26 ottobre 1954 come sopra scritto – si realizza dopo l’accordo con gli Stati Uniti sulle basi statunitensi in Italia (Bia) firmato il 20 ottobre 1954, poche settimane dopo la firma del Memorandum d’intesa su Trieste (3).
Riparazioni di guerra da estinguere entro il 1954 e accordo sulle basi statunitensi firmato nel 1954: è del tutto ragionevole pensare che la “Zona A” abbia costituito il pegno per assicurare la certezza del pagamento dei danni di guerra da parte dell’Italia e per “ammorbidire” l’Italia circa le clausole degli accordi militari tra la stessa e gli Stati Uniti.

I confini politici dopo il 1975
Il riacquisto politico amministrativo della “Zona A” evolve in annessione statuale col Trattato (Accordo) di Osimo firmato il 10 novembre 1975 a Osimo e ratificato  il 3 aprile 1977 a Belgrado, ma con contestuale perdita anche a titolo giuridico e non solo di fatto della “Zona B”; Trattato di Osimo mediante il quale quindi la “Zona A” viene assegnata alla sovranità italiana e i confini politici italiani assumono i contorni attuali.
Con riferimento al Trattato di Osimo rileviamo positivamente lo sgombero da parte jugoslava di alcune sacche territoriali da essa indebitamente occupate in spregio al TP47, in particolare quella del Monte Sabotino.
Leggiamo l’articolo 3 del TP47:
Le frontiere fra l’Italia e la Jugoslavia saranno determinate nel modo seguente: (I) Il nuovo confine seguirà una linea che parte dal punto di congiunzione delle frontiere dell’Austria, Italia e Jugoslavia … (V) passando a circa mezzo chilometro a nord del villaggio di San Floriano, la linea si estende verso oriente al Monte Sabotino (quota 610) lasciando a nord il villaggio di Poggio San Valentino; (VI) dal Monte Sabotino la linea si prolunga verso sud, taglia il fiume Isonzo (Soca) all’altezza della città di Salcano, che rimane in Jugoslavia …
Quell’altezza (quota 610) si riferisce inequivocabilmente al punto più alto del Monte Sabotino, visto che il Monte è indicato con m. 609 dal Touring Club Italiano (4) che riporta i confini politici anteriori al TP47, ed è indicato con m. 605 dall’Atlante Universale Curcio (5) che riporta i confini politici posteriori al TP47: per il TP47 il confine doveva passare sul punto più alto del Monte.
Dissoltasi la Jugoslavia, il governo italiano non ottenne alcuna revisione confinaria da Slovenia e Croazia, che per la loro parte erano subentrate ad essa.
Dal 1975 in poi, non abbiamo più ottenuto alcuna revisione dei confini stabiliti col TP47, non vi è più stata nessun’altra tappa di avvicinamento all’Unità d’Italia compiuta, se si escludono le modestissime revisioni di cui si è scritto.
E’ da Osimo che dobbiamo ripartire per quanto riguarda la revisione dei nostri confini nazionali stabiliti con un trattato.
Col Trattato di Osimo, l’Italia riconobbe la sovranità jugoslava sulla “Zona B” rinunciando a rivendicarne l’annessione. Decisione “… presa probabilmente per totale acquiescenza ai desideri del potente alleato statunitense del 1975 preoccupato di tenere la Jugoslavia fuori dall’orbita sovietica … solo 15 anni dopo – entità temporale risibile per la storia –   iniziarono le guerre di disfacimento della Jugoslavia, che resero quindi altissime le possibilità per l’Italia di rientrare nella titolarità statuale della “Zona B”, e con un’annessione incruenta o quasi, dato che gran parte della popolazione ivi residente, non avrebbe certo disdegnato di tirarsi fuori subito dall’ennesima macelleria balcanica”(6) .
Quando si scrive a favore di annessioni quasi incruente si rifletta anche sul fatto che si sarebbero proposte oltre che per riacquistare terre geograficamente italiane, anche per evitare che i circa trentamila residenti di lingua e sentimenti italiani residenti in Istria, Fiume e Dalmazia venissero richiamati alle armi per combattere in una guerra tribale balcanica.
Le annessioni all’Italia pressoché pacifiche, sarebbero dunque state patrocinate al posto delle sanguinarie non annessioni all’Italia.

(1) – Federico Chabod, L’Italia contemporanea 1918-1948, pagg. 162/163, Torino, Einaudi, 1961.
(2) – Padre Flaminio Rocchi, L’accordo di Osimo sulla “Zona B” pag. 5, Roma, a cura dell’Associazione Nazionale Venezia   Giulia – Dalmazia, s.d.).
(3) – Alfonso Desiderio, Viaggio nelle basi americane in Italia, limesonline.
(4) – Carta d’Italia, 1:500000 foglio 2, Milano, Supplemento della Rivista n.4 “Le vie d’Italia”, s.d..
(5) – Roma, Armando Curcio Editore, 1962.
(6) – Claudio Susmel, op. cit., pag.104

Claudio Susmel 

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